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Ristoranti e bar aperti in Calabria, l'ordinanza Santelli divide sindaci e commercianti

L'ordinanza firmata da Jole Santelli sulle riaperture spacca in due la Calabria. Il via libera a bar, pasticcerie, ristoranti, pizzerie e agriturismi, infatti, ha immediatamente dato vita ad una guerra tra fronti contrapposti. Due schieramenti, composti da sindaci, commercianti e cittadinanza, che tuttavia non hanno "colore politico". Mentre il Governo nazionale si prepara a presentare una diffida contro il provvedimento. 

Tra i "dissidenti", infatti, figurano numerosi sindaci di centrodestra. Emblematico il caso di Catanzaro che ha respinto il provvedimento in favore del Dpcm che entrerà in vigore il prossimo 4 maggio: "Ho firmato l’ordinanza che conferma tutte le disposizioni già in vigore in merito al contenimento del contagio da Covid-19", ha detto il sindaco Sergio Abramo, esponente di Forza Italia.

In poche ore molti titolari di bar, ristoranti, pizzerie e pasticcerie della Calabria hanno dovuto fare i conti con un frenetico valzer delle ordinanze. Non solo a Catanzaro, ma anche in altri comuni più piccoli, diversi bar hanno infatti avviato l’attività in mattinata, iniziando a servire caffè e colazioni ai tavolini esterni. Ma a metà mattinata ecco i primi passi indietro, compreso quello di Abramo. Così, le colazioni di gruppo davanti ai bar sono state smantellate in pochi minuti.

"Dopo quasi due mesi di chiusura non possiamo scoprire di essere aperti in piena notte e senza alcun preavviso", ha sottolineato il titolare di un bar del Catanzarese. Anche gli esercenti più convinti della necessità di riaprire hanno espresso dubbi: "Aspettiamo le prossime ore per valutare l’opportunità di avviare la nostra attività", ha spiegato un altro responsabile di uno dei bar più noti del capoluogo calabrese. In molti hanno criticato la tempestività dell’ordinanza regionale, ma anche il "cambio di rotta" maturato in poche ore dalla presidente Santelli: "Siamo passati dal tutto chiuso, anche per i calabresi che ancora si trovano fuori regione, al torniamo alla normalità senza alcun preavviso, è evidente - scrivono molti titolari di attività commerciali sui profili social - che siamo davanti ad una bega politica che non favorisce nessuno".

Duro il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà che ha immediatamente sospeso l'ordinanza: "Reggio conferma il rispetto del Dpcm Conte. Non pensavo di doverlo fare ma dopo quanto è successo era importante riportare la calma e la tranquillità". Per Falcomatà l’ordinanza è "illegittima e illogica, tutti vogliamo che la Calabria riparta ma nel rispetto delle regole, delle leggi e della salute dei cittadini".

Anche il sindaco di Lamezia Terme, così come aveva annunciato, ha emesso un’ordinanza con cui dispone che sia «sospesa su tutto il territorio comunale, dalla data odierna e fino al 10 maggio 2020 compreso, l’applicazione delle disposizioni contenute nell’ordinanza del Presidente della Regione Calabria» di ieri sera.

La più autorevole voce fuori dal coro resta quella di Mario Occhiuto, sindaco di Cosenza: "La città ha risposto bene, come testimonia lo scarsissimo numero di contagi nel capoluogo. Gli esercenti vanno messi nelle condizioni di ripartire, magari sfruttando gli spazi all’esterno per garantire la distanza".

"Una boccata d’ossigeno", dice Francesco Ruffolo titolare di un noto bar di Cosenza che ha aperto. "Ho 13 dipendenti - ha detto - nessuno in cassa integrazione quindi l’unica possibilità è riaprire. Abbiamo sanificato l’ambiente e preso le misure di sicurezza indicate. In tanti sono entrati e, seppur con le precauzioni necessarie, erano felici di poter prendere un caffè e scambiare due chiacchiere col barista. Un ritorno anomalo alla normalità".

Molto più timida appare invece l'adesione all'ordinanza da parte del Comune di Vibo Valentia: “Non possiamo non tenere conto  - ha detto Maria Limardo in Consiglio comunale - che siamo in un ordinamento regionale e nazionale che esige rispetto secondo principio della gerarchia delle fonti. Abbiamo come faro la salute dei nostri cittadini, ma non possiamo rimanere dentro una campana di vetro da qui ai prossimi anni, dobbiamo imparare a convivere con questa maledizione che ci è capitata".

Secondo l'ordinanza, bar, pasticcerie, ristoranti, pizzerie e agriturismi della Calabria possono effettuare la preparazione e la somministrazione dei relativi prodotti esclusivamente attraverso il servizio con tavoli all’aperto, adottando però le consuete misure anti-contagio come il distanziamento minimo tra i tavoli, l'uso di mascherine e guanti, oltre alla sanificazione regolare dei locali.

«È un dato di fatto che la Calabria, oggi, si sia svegliata nel caos. Non poteva essere altrimenti dopo l’ordinanza annunciata nella tarda serata di ieri dalla presidente della Regione che all’improvviso, dopo aver predicato chiusura per due mesi, ha disposto che nel giro di poche ore potessero avvenire molte riaperture». È quanto dichiara Pippo Callipo, capogruppo di “Io resto in Calabria” in Consiglio regionale.

Il Codacons ha annunciato un ricorso alla Corte costituzionale contro l’ordinanza della presidente della Regione Calabria. Il ricorso è basato sul conflitto di attribuzioni tra organi istituzionali. La tesi dell’associazione, è scritto in una nota, "è che, pur consapevoli e convinti che i cittadini debbano essere liberati al più presto dalle limitazioni imposte dall’emergenza, non si può consentire che una sola regione faccia violenza alle altre e che vi siano discriminazioni tra cittadini e maggiore esposizione al rischio di contagio a seconda della regione di residenza».

Il sindaco dii Cosenza Mario Occhiuto ha rivolto un invito a Santelli perché venga istituito un coordinamento con i Sindaci e i comuni sulla riapertura dei bar e delle attività di ristorazione all’aperto. “Come ho già avuto modo di sottolineare – ha detto Occhiuto – sono d’accordo nella sostanza con il provvedimento emanato dalla Presidente Santelli, perché un mese di chiusura in più non cambierebbe nulla. Il rischio contagi di oggi, per fortuna al minimo, sarà quello di domani. Anzi, più si terrà chiuso, più i rischi di tracollo del sistema produttivo aumenteranno. Permangono delle perplessità – chiarisce Occhiuto – sulle modalità del provvedimento che oggettivamente non dà la possibilità agli esercenti di riaprire immediatamente adottando le cautele, in termini di sicurezza, necessarie e previste dalle disposizioni governative".

Nel ricorso, firmato dagli avvocati Carlo Rienzi, Gino Giuliano e Guglielmo Saporito, il Codacons ha chiesto alla Corte Costituzionale in via cautelare: «di voler disporre, in via d’urgenza, la sospensione dei gravati comportamenti formali posti in essere dalle Regioni, ordinando alle stesse di astenersi dal porre in essere ulteriori comportamenti lesivi delle attribuzioni statali in subiecta materia, definendo, in via provvisoria, a chi spettano le attribuzioni, tra Stato e Regioni, per la gestione della c.d. fase 2, nell’ambito dell’emergenza COVID19» e nel merito «di voler, in sede di definizione del sollevato conflitto di attribuzioni tra Stato e Regione, accertare e dichiarare a chi spettano, in base alle norme costituzionali sopra richiamate, le attribuzioni per la gestione della fase 2, nell’ambito dell’emergenza COVID19».

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