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Inchiesta appalti in Calabria, la piazza della discordia a Cosenza fra 'ndrangheta e politica

La piazza contesa. Grande, architettonicamente innovativa, dotata di spazi destinati a un museo multimediale e ad un parcheggio sotterraneo. Piazza Bilotti, un “gioiello” realizzato nel cuore di Cosenza dall’azienda di Giorgio Barbieri, figlio d’arte, ricco imprenditore, proprietario d’un lussuoso hotel lungo la costa tirrenica e d’immobili sia in Calabria che a Roma.

Ma la piazza diviene pure oggetto, oltre che di attenzioni mafiose, pure di interferenze politiche. Come emerge dall'inchiesta Dda di Catanzaro in cui è coinvolto anche il presidente della Regione Calabria Mario Oliverio, del Pd, costretto da ieri a vivere nella sua città, San Giovanni in Fiore, per un'ordinanza di obbligo di dimora emessa dal gip nell'ambito dell'inchiesta "Lande desolate" condotta dai finanzieri del Nucleo di polizia economico e finanziaria di Cosenza sulle procedure sospette di alcuni appalti pubblici.

Un manager affermato e insospettabile, Barbieri, finito, tuttavia, nelle spire di una delle cosche più potenti e temute della ’ndrangheta: quella guidata da Franco Muto, inteso come il “re del pesce” di Cetraro.

Una cosca cresciuta monopolizzando il mercato del pescato in tutta l’area settentrionale tirrenica della regione, imponendo, nel contempo, la propria scellerata “autorità” maneggiando fucili e pistole. Barbieri, colto e signorile, sarebbe divenuto nel tempo funzionale agli interessi economici della consorteria mafiosa, tanto da ottenerne stabilmente la protezione.

Una protezione esercitata dai Muto proprio in relazione ai lavori di realizzazione della piazza cosentina. Le intercettazioni prodotte dai magistrati non lasciano spazio a dubbie interpretazioni – “il gruppo Barbieri a Cosenza non deve niente a nessuno!”.

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