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Jole Santelli: dura, generosa e sognante... come la Calabria

Jole Santelli

"Verrà la morte e avrà i tuoi occhi": recita così una struggente poesia di Cesare Pavese. E la morte, gli occhi di Jole Santelli li ha spenti in una notte d’autunno, sul divano della casa che la presidente della Calabria più amava. La casa in cui era cresciuta, sognando da bambina d’essere una donna forte e giusta, come le regine delle fiabe che il papà, Nicola, le raccontava.

Da grande c’è riuscita davvero a diventare importante ed a passare alla Storia: è stata, infatti, la prima donna eletta a governare la Regione a dispetto d’un male incurabile che le stava divorando lentamente il corpo.

“Mi sono ribellata alla malattia e combatto per la vita che è meravigliosa” ripeteva con dignitoso coraggio. “Il male” spiegava “mi ha insegnato a non avere paura”. Era audace davvero Jole nelle scelte e nella vita.

A Silvio Berlusconi non aveva mai voltato la spalle, pure quando l’ex cavaliere di Arcore era caduto in disgrazia. C’era solo da perderci ma lei rimaneva fedele: «Rimango dove sono» ribadiva agli ex compagni di partito «fino alla fine». Così in effetti è stato.

Da presidente non ha esitato, durante la pandemia, a prendere decisioni rischiose e impopolari, a scontrarsi con il Governo nazionale, a reclamare attenzione e considerazione per la Calabria, sorprendendo per dinamismo persino gli avversari politici.

Jole osava pure culturalmente, mettendosi a ballare la Tarantella - “è femmina” sottolineava sorridendo - dopo aver vinto le elezioni. L’ultimo ballo l’ha inscenato a San Giovanni in Fiore, dopo la vittoria ottenuta dalla sua amica sindaca. Quella notte, quella danza allegra abbozzata senza mascherina, suscitò delle polemiche.

Nessuno aveva capito che era l’esorcismo scelto dalla Presidente contro il “mostro” silente nascosto sotto la sua pelle. Al pensiero del dolore e della morte, Lei opponeva i salti gioiosi e le note d’una musica cara a ogni calabrese. Una musica antica che è un inno alla spensieratezza e alla vita, di cui seguiva il ritmo scalza, senza scarpe, come i popolani dei secoli passati.

A quanti le parlavano d’una Calabria oscura, popolata solo dai lupi famelici della ’ndrangheta, rispondeva invece senza tentennamenti: «Non avete mai letto Tommaso Campanella e Bernardino Telesio e non sapete chi fossero Aurelio Magno Cassiodoro, Nosside e Zaleuco».

I detrattori della sua terra Jole Santelli li “bocciava” sonoramente, rinunciando a ipocrite forme di diplomazia. Era così: dura, generosa e sognante come la Calabria.

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