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Inchiesta Scott-Rinascita, una cena di ’ndrangheta a casa del parroco di Limbadi

Don Franco Massara

I due volti della ’ndrangheta vibonese che si presenta da una parte distinta e in doppiopetto; dall’altra “casual”. Due facce della stessa medaglia che l’inchiesta “Scott-Rinascita” ha fotografato portando alla luce da una parte gli intrecci ed i rapporti tra “poteri forti”, ovvero fra i pezzi da 90 della ’ndrangheta e i livelli apicali praticamente in ogni settore della società civile; dall’altra il coacervo di locali e ’ndrine dedite ad attività meno “raffinate” (traffico di droga, estorsioni, usura, danneggiamenti, omicidi).

Da quanto emerge dalle oltre mille pagine dell’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip distrettuale Barbara Saccà a carico di 334 indagati - ricostruisce la Gazzetta del Sud in edicola -, sul finire dell’agosto del 2017 una riunione si sarebbe addirittura svolta a casa del parroco di Limbadi a cui avrebbero preso parte il “supremo” Luigi Mancuso, i suoi fedelissimi, l’avvocato Giancarlo Pittelli e anche Saverio Razionale.

All’epoca a guidare la parrocchia del centro del Vibonese “feudo” dei Mancuso era don Franco Massara (il quale non risulta tra le persone indagate) che si era insediato cinque mesi prima, dall’ottobre del 2018 arcivescovo di Camerino-San Severino Marche e in seguito nominato anche amministratore apostolico della diocesi Fabiano-Matelica.

Ma di incontri ce ne sarebbero stati altri visto che, sempre nell’ordinanza, si fa riferimento a un colloquio tra Pittelli e Giovanni Giamborino (per gli inquirenti il trait d’union con Luigi Mancuso) avvenuto il 7 settembre del 2017, in cui il secondo chiede al primo chi fossero stati i partecipanti dell’incontro dell’1 agosto 2017 al che il professionista avrebbe risposto: «... il prete di Limbadi».

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