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Inchiesta sugli appalti in Calabria, il gip: "Non è dimostrato il vincolo associativo"

Mario Oliverio

Sembrano agire in virtù di «una prassi generalmente accettata», gestendo «in chiave opportunistica le dinamiche politiche» ma «manca la dimostrazione del fatto che abbiano agito in forza di un vincolo di natura associativa».

È questa la valutazione del gip di Catanzaro in merito all’inchiesta Passepartout della procura che vede coinvolte venti persone tra le quali il presidente della Regione Calabria Mario Oliverio, l’ex consigliere regionale Nicola Adamo, entrambi del Pd, indagati per associazione per delinquere e corruzione, e il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, indagato per corruzione.

Un’inchiesta che, al di là di quelli che saranno gli esiti giudiziari, provoca lo scontro a distanza tra il capo politico dei 5 Stelle e vice premier Luigi Di Maio ed il segretario del Pd Nicola Zingaretti. Al primo che afferma che «il Pd riesce sempre a fare peggio di Fi» perché in Calabria «lascia il presidente Oliverio dov'è», il segretario democratico replica che «c'è solo una cosa peggiore del giustizialismo, ed è il giustizialismo di partito, per il quale si fa dimettere una persona per l’interesse del partito».

E mentre infuria la polemica politica, il gip «ridimensiona» le accuse nei confronti degli indagati nel provvedimento con il quale dispone la sospensione dai pubblici uffici di altri due indagati respingendo la richiesta per altri. La considerazione del giudice deriva, scrive, dal «ridimensionamento che ha avuto l'impostazione accusatoria rispetto ai cosiddetti reati fine atteso che anche quelli per i quali si è ritenuta raggiunta la soglia della gravità indiziaria appaiono circoscritti ad una singola operazione dagli indagati di volta in volta sovraintesa e non perché essi avrebbero condiviso un generico ed indeterminato programma criminoso».

Una delle ipotesi per la quale il gip rileva la gravità indiziaria è l’episodio contestato ad Oliverio, Adamo e all’ex presidente del Consiglio comunale di Cosenza Luca Morrone relativo alle dimissioni dei consiglieri dell’assemblea cosentina - tra i quali lo stesso Morrone e altri esponenti della maggioranza di centrodestra - che portarono, nel 2016, alla decadenza del sindaco Mario Occhiuto, poi rieletto alle successive elezioni. Dimissioni, è la tesi dell’accusa, orchestrate da Adamo ed Oliverio per danneggiare Occhiuto.

Al riguardo, agli atti dell’inchiesta c'è un sms inviato da Adamo ad un altro esponente dem in cui scrive: «se riusciamo a far cadere Occhiuto dobbiamo farlo con chiarezza, non deve apparire come una congiura di palazzo, rischieremmo un boomerang». E c'è anche la trascrizione di una telefonata intercettata tra Oliverio e Adamo, descritto dal gip come «il principale e in alcuni casi l’esclusivo punto di riferimento per molti politici e funzionari» che con la sua «ingombrante presenza finisce con il condizionare l’azione politica del governatore del quale è consigliere di fatto e suggeritore delle strategie da adottare».

Adamo dice ad Oliverio che se alle elezioni del 2016, dopo la caduta di Occhiuto, vince il centrosinistra, lui, riferendosi a Morrone, «va alla ricerca di fargli il vicesindaco, no? Se si perdono le elezioni comunali, siccome è un manager, è un ingegnere, un incarico regionale, in attesa che si candida la prossima volta alla Regione, però ci deve essere». Secca la risposta di Oliverio: «Va bene va bene va bene ok, ciao ciao. È meglio non parlarne al telefono».

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