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Capistrano, la tradizione dei "vuti" per San Rocco tra mascherine e distanziamento

Sono in pieno svolgimento i festeggiamenti in onore di San Rocco (1295-1327), la cui festa, pur ricorrendo il 16 agosto, da oltre un secolo viene celebrata nella seconda domenica di settembre.

Quest’anno, a causa del covid, i festeggiamenti sono soltanto religiosi e si svolgono, ad iniziare dalla pomeridiana “novena”, in chiesa, dove è stata posizionata  dal parroco sac. Antonio Calafati e dai suoi collaboratori, presso l’altare maggiore, la statua del Santo, adornata da un tradizionale addobbo e fiori. Per disposizione del parroco, in chiesa si entra con mascherina e dopo avere igienizzato le mani all’ingresso, si deve mantenere il distanziamento sociale e non si possono toccare le Statue. Unica eccezione, domenica pomeriggio, invece della tradizionale processione per le vie del paese, nella piazza Renoir, antistante la Chiesa madre, il parroco sac. Antonio Calafati celebrerà, dal sagrato, con accanto la statua di San Rocco, una solenne messa, in presenza del coro parrocchiale e dei fedeli all’uopo distanziati e con mascherine, seduti su sedie predisposte dai collaboratori.

Quest’anno la ricorrenza della festa di San Rocco, pellegrino e taumaturgo in Italia, essendo il santo venerato anche per avere salvato l’Italia dalla peste, è particolarmente sentita e i fedeli si rivolgono a lui per implorarlo a liberarci dal coronavirus. Molte famiglie hanno esposto ai balconi delle loro case una grande foto, su tela plastificata, dell’effige di San Rocco.

Il posticipo della festa di San Rocco, Santo fra i più venerati in Capistrano, la cui statua lignea policroma fu scolpita nel 1847 a Serra S. Bruno dal famoso scultore Venanzio Pisani “a devozione del popolo capistranese”, trae origini dal fatto che, ricadendo a pochi giorni da quella della Madonna della Montagna (seconda domenica di agosto), più venerata e amata dai cittadini, le offerte dei fedeli sarebbero state scarse e non sufficienti per coprire le spese per i festeggiamenti civili.

Il covid, però, non ha interrotto l’antica tradizione dei “vuti” che le famiglie hanno già iniziato a realizzare, anche se molte, per il processo di modernizzazione, usano forni elettrici, invece di quello più tradizionale a legna (una volta presente in tutte le abitazioni per fare il pane), che fa li cuocere meglio donando quegli antichi sapori che molti riconoscono a vista per poi gustarli (sempre dopo averli devotamente baciati e fatto il segno della croce per devozione verso San Rocco), magari inzuppandoli nel pregiato vino locale delle contrade Licina e Prunia.

I “vuti”, ossia particolari locali dolci biscottati, realizzati soprattutto con fresche uova di galline allevate a terra ed altri ingredienti, vengono prodotti in vari formati. La generalità dei “vuti” riproduce la forma del corpo umano o parti di esso per ringraziare o invocare il Santo per qualche guarigione ricevuta o aspettata. In famiglia, di solito, viene consumata la maggior parte dei “vuti” compresi quelli che vengono devotamente presentati al Santo per la benedizione, altri vengono offerti a parenti e amici ed altri ancora vengono lasciati in chiesa per la vendita ai fedeli per contribuire anche così alle spese dei festeggiamenti.

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