Siamo sul finire degli anni Quaranta. La cittadina di Mileto, come il resto d’Italia, uscita da appena qualche anno dagli orrori della guerra, vive una stagione di privazioni e di incognite sul proprio futuro. Mancano il pane, il lavoro e la serenità, di conseguenza alla gente, specie a quella più umile, non resta altro che partire per altri paesi come gli Stati Uniti d’America e l’Australia in cerca di un futuro migliore.
Ed è proprio in questo periodo che il giovane vescovo della diocesi di Mileto, che all’epoca si estendeva fino a tutta la piana di Gioia Tauro, Enrico Nicodemo (nominato presule nel 1945 a soli 39 anni) – e che negli anni successivi sarebbe poi diventato arcivescovo di Bari e Canosa e vicepresidente della Conferenza episcopale italiana, preoccupato per il clamore della vicenda della giovane Natuzza che diceva di dialogare con gli angeli e con morti e che aveva ormai valicato i confini regionali, assume la decisione di vietare alla mistica di Paravati di ricevere persone.
Fortunata Evolo ubbidisce senza battere ciglio. Nessuna parola esce dalla sua bocca. Per la giovane Fortunata le decisioni delle alte sfere ecclesiastiche anche se dolorose e incomprensibili vanno rispettate sempre e comunque. È il suo stile di vita austero e saggio e di totale ubbidienza alla chiesa. Un modo di vivere il suo, fuori dal chiasso e dalle polemiche a buon mercato, segnato unicamente dalla fede e dalla voglia di aiutare gli altri e in particolare le persone più bisognose. La forza di chi è nel giusto e di chi sa che prima o poi il Cielo provvederà ad aggiustare le cose. Ed, infatti, un bel giorno accade un episodio - che dalla nostra ricostruzione risulta essere avvenuto nel mese di settembre del 1950 - che induce il presule a cambiare completamente la carte in tavola.
Alla porta di Natuzza si presenta uno dei rappresentanti più importanti della politica regionale e non solo: Vito Giuseppe Galati, nativo di Vallelonga, deputato e già sottosegretario al dicastero della Poste sotto il governo di Alcide De Gasperi e fondatore a Catanzaro insieme ad altri politici di primo piano del Partito Popolare, ma anche scrittore e giornalista, nonchè ex allievo presso il seminario diocesano di Mileto e nipote dell’arcivescovo di Santa Severina e Crotone monsignor Antonio Galati.
Il parlamentare chiede, con gentilezza e antico pudore, di potere avere un colloquio con la mistica. Quest’ultima che trattava tutti allo stesso modo, in maniera inflessibile e con altrettante gentilezza, risponde a Galati di non poterlo in alcun modo accontentare in quanto il pastore diocesano le aveva proibito di ricevere persone. Vito Giuseppe Galati, che a quanto pare era tormentato da un grave problema di carattere privato, non si perde d’animo e prima di imboccare la via del ritorno a Roma si reca, accompagnato da un suo stretto collaboratore, presso la Curia di Mileto, in via Episcopio. A Nicodemo il parlamentare fa presente della sua assoluta urgenza di dover parlare con la mistica di Paravati.
Tutto questo segna una svolta nel rapporto di Fortunata Evolo con la gente. Qualche settimana dopo, infatti, in virtù delle sollecitazioni di Vito Galati, monsignor Enrico Nicodemo si premura di consegnare direttamente, attraverso il suo segretario, nelle mani dello stesso parlamentare una lettera, da far recapitare all’interessata. Poche righe scritte di proprio pugno dallo stesso ordinario diocesano con cui la signora Fortunata Evolo veniva autorizzata a riaprire la propria porta di casa alla gente. Per Natuzza è l’inizio di una nuova stagione. Da quel momento, infatti, la sua casa ritorna ad essere luogo di preghiera e meta di chi ha bisogno di conforto e di una parola buona.
Una missione che la futura Serva di Dio porterà avanti quasi ininterrottamente, nonostante le sue precarie condizioni di salute, fino agli ultimi anni della sua vita.
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