L’inattesa e triste notizia che nella giornata di ieri è stata comunicata ai calabresi della morte improvvisa della presidente Jole Santelli non può che lasciare nello sgomento anche in ragione dell’età di una donna impegnata attivamente nella politica istituzionale della sua terra.
Pur nella difficoltà umana del momento, a chi ora scrive compete riflettere sulle conseguenze istituzionali che il vuoto venutosi a determinare per la morte della presidente della Giunta regionale determina sugli assetti complessivi della Regione Calabria e del suo regolare funzionamento.
La massima latina aut simil stabunt aut simul cadent richiama una formula giuridica per evocare il modello di riferimento accolto nella disciplina statutaria della forma di governo calabrese, vale a dire l’elezione a suffragio universale e diretto sia del Consiglio regionale che del presidente della Giunta. Per la massima richiamata ("così come stanno così cadranno"), fra le altre ipotesi previste, il venir meno del presidente della Giunta comporta in modo automatico lo scioglimento del Consiglio regionale.
La domanda che ci si può porre a questo punto, e che non trova una risposta immediata, concerne la tempistica delle elezioni per il rinnovo degli organi regionali.
La legislazione elettorale – come è noto – rientra fra quelle materie su cui insiste contemporaneamente la competenza dello Stato, in termini di definizione dei principi fondamentali, e quella delle regioni, in termini di disciplina di dettaglio. Qui ed ora occorre rilevare un’evidente inadempienza del legislatore regionale, quando ha proceduto alla scrittura sia dello Statuto che, soprattutto, della legge di dettaglio, essendo proprio quest’ultima la sede naturale della materia elettorale.
A fronte del richiamato vuoto normativo nella legislazione regionale di un termine preciso e tassativo entro cui le elezioni debbono aver luogo, è necessario individuare, per via interpretativa, le regole a cui riferirsi per colmare la lacuna evidenziata.
Appaiono ipotizzabili almeno tre possibili letture. Le prime due danno comunque un comune esito, individuabile nel termine massimo di 90 giorni a partire dalla delibera del Consiglio regionale, da adottarsi entro 10 giorni dalla presa d’atto della scomparsa del presidente (art. 60 Regolamento del Consiglio), previa convocazione da parte del presidente del Consiglio entro lo stesso termine. In tale riunione il “Presidente congeda definitivamente i Consiglieri”.
La terza possibile lettura, invece, richiama un termine di 60 giorni, al quale – a parere di chi scrive – non pare possibile fare rinvio. Secondo una prima lettura bisognerebbe fare riferimento ai principi fissati dall’art. 5 della legge cost. n. 1/1999 al cui comma 2 si prevede che si debba procedere alla indizione di nuove elezioni del Consiglio e del presidente della Giunta anche nel caso di morte del presidente entro tre mesi dall’evento. Invero, tale disposizione ha natura transitoria in quanto limitata fino alla entrata in vigore dei “nuovi statuti regionali”, ma, come detto, la Regione Calabria si è data un nuovo Statuto che comunque nulla prevede al riguardo.
La seconda strada che conduce allo stesso termine dei 90 giorni è quella che spinge in favore di una interpretazione analogica rispetto a quanto previsto per una ipotesi normativa che, seppure non uguale, appare molto simile. E ciò in quanto l’art. 4, comma 1, lett. b) della legge 165/2004 (che è la legge statale di principio in materia di legislazione elettorale regionale) prevede, nel caso in cui “la Regione adotti l’ipotesi di elezione del Presidente della Giunta regionale secondo modalità diverse dal suffragio universale e diretto, […] termini temporali tassativi, comunque non superiori a novanta giorni, per l’elezione del Presidente e per l’elezione o la nomina degli altri componenti della Giunta”.
Al lettore non sfugge che l’ipotesi che a noi interessa è diversa in quanto il presidente è eletto a suffragio universale e diretto, ma quella richiamata può costituire valido riferimento per rispondere alla domanda che ci si è posti, in mancanza di una espressa previsione adottata dal legislatore regionale allorquando ha scritto e successivamente modificato la l.r. 1/2005 (“Norme per le elezione del Presidente della Giunta regionale e del Consiglio regionale”).
La terza via – che si tende ad escludere – è quella per cui bisognerebbe riferirsi all’art. 1, comma 501, della legge 190/2014, che introduce un periodo alla legge pocanzi richiamata (la n. 165/2004). Le parole introdotte sono: “Le elezioni dei nuovi Consigli hanno luogo non oltre i 60 giorni successivi al termine del quinquennio”.
Il rinvio a tale norma non pare convincente per due ordini di ragioni. In primo luogo, perché la finalità esplicitata dallo stesso legislatore nella richiamata previsione è stata quella di favorire l’election day che si sarebbe svolta nell’anno successivo all’adozione di quella legge di bilancio; in secondo luogo, e soprattutto, in quanto l’ipotesi dei 60 giorni si lega espressamente al termine fisiologico della consiliatura che è per l’appunto, per espressa previsione statale, di un quinquennio.
L’ipotesi sulla quale ora si deve ragionare, invece, rientra in quella dello scioglimento anticipato del Consiglio, che può essere dovuto, fra l’altro, a mozioni di sfiducia nei confronti del presidente della Giunta, così come quello della rimozione, dell’impedimento permanente, delle dimissioni volontarie ovvero della morte dello stesso Presidente. È palese come la previsione richiamata abbia un preciso riferimento alla fine naturale e quindi fisiologica della durata degli organi elettivi e non dunque di una patologica.
Ciò che si chiede agli organi deputati a far seguito alla situazione venutasi dolorosamente a creare è comunque di non prolungare irragionevolmente una condizione patologica e di carenza costituzionale, in quanto è necessario ripristinare il più velocemente possibile la legittima rappresentatività degli organi collegiali. A tal proposito non si può non ricordare come le ultime elezioni siano state svolte sulla base di una legge elettorale regionale palesemente incostituzionale, nella misura in cui non prevedeva una disciplina completa sul principio di non discriminazione fra i generi, e più precisamente sulla "doppia preferenza".
Qualora il Consiglio non proceda con immediatezza alla revisione della propria legge elettorale per conformarla ai principi richiesti dal legislatore statale (l. n. 20/2016), è più che prevedibile che il Governo, per non creare una disparità di trattamento fra le regioni, proceda con le medesime modalità seguite per sanare il medesimo vizio presente nella legge elettorale della Regione Puglia, allorquando ha adottato il d.l. n. 86, convertito in legge il 7 agosto scorso (la l. n. 98), sostituendosi agli organi della Regione e procedendo con l’aggiunta della preferenza di genere al fine di assicurare “il pieno esercizio dei diritti politici e l’unità giuridica della Repubblica”.
* Università della Calabria
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