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Consiglio regionale calabrese, caos sulle Commissioni. Il Pd: "Dimissioni e ricorso al Tar"

«Il centrodestra in Calabria ha scritto la pagina più oscura dalla nascita del Consiglio regionale». Se non fosse bastato lo scivolone con piroetta sui vitalizi, ecco un altro terremoto a Palazzo Campanella. E a sintetizzarne le conseguenze politiche è Carlo Guccione, lui che con tutto il Pd annuncia le dimissioni dalle vicepresidenze di commissione.

Ad avvelenare gli animi di una legislatura iniziata nel peggiore dei modi è proprio il voto, andato in scena venerdì, degli uffici di presidenza. Mentre la maggioranza discuteva, frenava e litigava, l'opposizione decideva di non partecipare alle elezioni. E ieri, in conferenza stampa via Skype, il Pd ha spiegato perché: «Da parte nostra nessun assenso alla spartizione, nessuno è alla ricerca di prebende. Abbiamo chiesto solo di rispettare la prassi democratica di assegnare alla minoranza la presidenza della commissione Vigilanza», ricostruisce Bevacqua. E invece, con un ritardo di “solo” otto ore sulla bella di marcia, con i soli voti della maggioranza lo stesso centrodestra ha scelto di eleggere presidenti di commissione 8 suoi rappresentanti.

«È venuto fuori - incalza Bevacqua - il vero volto di questa maggioranza, dove regna uno stato permanente di duello all'arma bianca: venti consiglieri giocano ognuno per sé stesso. Non sono bastati quattro mesi di battaglie interne e la creazione di una nuova commissione per garantire una poltrona in più. Non ci hanno lasciato altra strada che abbandonare i lavori». Il risultato è contestato da tutta la minoranza, che lascerà la vice presidente in blocco come conferma anche Francesco Pitaro (gruppo misto) in una nota. «Aver eletto con un escamotage gli uffici di presidenza, dandoci una rappresentanza fittizia, è sì rispettoso di una regola meramente formale ma - sbotta Bevacqua - costituisce una grave violazione del principio democratico fondamento di ogni assemblea rappresentativa». La classica goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la guida della commissione antindrangheta. «Vi rendete conto - chiede sempre Bevacqua - che è intervenuta la Meloni per costringere i suoi a rifiutarla? Non potevamo essere noi, accettando la presidenza, a mettere un tappo alle contraddizioni scoppiate nella maggioranza appena è uscito il nome indicato. E che dire poi del silenzio imbarazzante della governatrice Santelli sull'inchiesta che ha interessa un suo assessore?». La prospettiva, oltre alle dimissioni, è di un ricorso al Tar qualora le elezioni, ritenute illegittime, non venissero ripetute.

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