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Regionali in Calabria, Tansi: «Basta inciuci, la vera novità siamo noi»

Carlo Tansi

Geologo, docente universitario, ricercatore del Cnr, poi capo della Prociv, adesso candidato alla presidenza della Regione. Perché questo salto in politica, dottor Carlo Tansi?

«Da uomo di scienza sono stato catapultato nel ventre della burocrazia regionale. E da quella postazione ho capito il perché abbiamo la Regione potenzialmente ricca d'Italia relegata al ruolo di cenerentola d'Europa. Ho capito qual è il male di questa terra».

Sarebbe?

«Si tratta di un comitato di incapaci e disonesti che da oltre 40 anni detiene le postazioni di potere attraverso un sistema di potere fondato su un quadro politico che è sempre lo stesso. Basta osservare le liste presentate da alcuni miei competitor per rendersene conto».

Sono accuse gravi, se ne rende conto?

«Sì, certo. Ma sono preoccupato. A tutto questo si aggiunge un sistema criminale che fattura circa 53 miliardi all'anno. Sto parlando della 'ndrangheta. Se in Calabria dovessero riaffermarsi queste forze che sono trasversali, ovvero quello che io definisco il “partito unico della torta”, ci sarà il tracollo definitivo di questa terra».

Lei ha condotto una battaglia in nome della legalità quando era al vertice della Protezione civile regionale. Adesso, però, molti di quelli che sostenevano le sue battaglie sono collocati politicamente altrove. Forse sono rimasti delusi?

«Guardi che sono stato io ad allontanare molti di loro. Ho cambiato la Prociv con l'aiuto di giovani che erano stati selezionati sulla base di procedure pubbliche ed ho allontanato dipendenti che guadagnavano fino a 6mila euro di straordinario al mese e non timbravano nemmeno il cartellino per accertare la presenza sul luogo di lavoro. Tutto questo l'ho denunciato al procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e alla Corte dei conti. Non è tutto da buttare, però; c'è una parte buona della Prociv che continua a lavorare per il bene comune».

Quali sono i rapporti attuali con il governatore uscente Mario Oliverio? In fondo è stato lui a sceglierla a capo della Protezione civile calabrese.

«Non sono stato chiamato da Oliverio, ho partecipato su invito del governatore a una selezione per l'individuazione del responsabile della Prociv. Ciò detto, non sento il presidente da diversi mesi. L'ho apprezzato molto quando guidava la Provincia di Cosenza, poi purtroppo ha commesso un errore di valutazione: pensare di poter governare la Regione come se fosse una piccola realtà. A questo si è aggiunta un'altra negatività: essersi circondato di collaboratori discutibili che lo hanno condizionato nelle scelte».

Crede possibile riuscire a superare la soglia di sbarramento fissata all'8 per cento?

«Assolutamente sì. Alcuni sondaggi recenti ci danno al 30 per cento».

Non poteva risultare più utile stipulare un'alleanza con Aiello o Callipo?

«Ho ricevuto inviti alla collaborazione dai vertici del Pd e rifiutati posti per me. Ma non mi interessava una sistemazione personale. Io sostengo una rivoluzione arancione, che è anche il colore della nostra coalizione».

A quale elettorato intende rivolgersi?

«Mi rivolgo al popolo degli astensionisti - circa il 57 per cento del totale - e a loro chiedo fiducia per cambiare la Calabria. E poi faccio appello ai delusi di destra e sinistra».

Uno sguardo ai programmi, di cui si parla davvero poco in questa strana campagna elettorale. Da dove può ripartire la Calabria?

«Trasporti e difesa del territorio sono le priorità. Il lavoro si crea se liberiamo la Calabria dai rifiuti tossici e puntiamo sul turismo. E poi la gestione dei beni culturali: abbiamo 148 castelli, 44 fortini, 2.200 chiese. Puntiamo sulla loro salvaguardia. Penso, inoltre, alla sanità: i politici che l'hanno distrutta ora si ripropongono come se nulla fosse. Il settore è stato utilizzato come serbatoio di consenso elettorale e non come strumento per curare le persone».

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