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Regionali, Callipo: «No alla politica che ci vuole sudditi»

Pippo Callipo

A metà di una giornata complicata, con episodio inquietante e dai contorni ancora indefiniti - un uccellino morto e una lettera di minacce rinvenuti nel parcheggio del resort di famiglia a Maierato -, Pippo Callipo non fa trasparire particolari preoccupazioni. «Potrebbe essere - dice - un pessimo scherzo tra dipendenti della struttura. Supereremo anche questa. Sa com'è: chi ha vissuto una vita in questa realtà sviluppa una corazza molto resistente».

Callipo, nel 2010 lei era candidato alla presidenza della Regione con una mini-coalizione guidata da Italia dei Valori. Oggi, a distanza di 10 anni, ci riprova con uno schieramento di centrosinistra. Cosa è cambiato?

«La Calabria più o meno è sempre la stessa. Le altre regioni sono andate avanti, penso alla Campania e alla Puglia. Noi rimasti legati al palo, forse sotto certi aspetti siamo peggiorati: penso alla sanità e alle infrastrutture. Ecco, non c'è proprio da stare allegri».

Doveva essere il portabandiera dei 5 Stelle, è diventato il capo della coalizione guidata dal Pd. Cosa è successo?

«C'era una possibilità che fossi il candidato dei 5 Stelle. Così mi era stato riferito dal vertice politico di quel Movimento. Poi metà dei parlamentari si è messa contro questa ipotesi, e io non non più ritenuto di diventare il candidato soltanto di una parte».

E l'amore politico con i dem quando è sbocciato?

«I massimi responsabili del Pd avevano espresso da tempo alcune simpatie verso la mia persona. Io ho dato la mia disponibilità a scendere in campo, aperto a tutti. Da quel momento, dopo un paio di ore, è arrivata la disponibilità del Pd a sostenere la mia battaglia di cambiamento».

Si rimprovera qualcosa per non aver saputo portare dalla sua parte i pentastellati?

«No, non ho nulla da recriminare. Quando nei giorni scorsi Di Maio è arrivato a Catanzaro, dichiarai che se mi avesse invitato sul palco io sarei andato volentieri per iniziare un percorso comune. Quella telefonata non è mai arrivata. Non mi sono dato una spiegazione sul perché. Ma prendo atto della situazione che si è venuta a creare».

I suoi detrattori sostengono che lei sia un uomo di destra. Cosa risponde?

«Vorrei che mi si spiegasse cosa significa essere di destra. Chiedano ai miei collaboratori, circa 400, se sono di destra. Io ho condiviso la mia vita con molti di loro. L'importante è avere progetti per chi ha bisogno e con le categorie svantaggiate. Su questo credo di non avere nulla da dimostrare a nessuno. La Calabria va salvata da una politica che trasforma i cittadini in sudditi».

Al suo fianco ci sono tre liste. La candidata del centrodestra, invece, ne avrà ben sei. Come conta di recuperare consenso visto che la legge elettorale calabrese non contempla il voto disgiunto?

«Bisogna verificare la qualità delle liste. Noi abbiamo fatto squadra con persone che potevano realmente condividere il mio progetto di governo. Gli altri hanno liste con soggetti che non avrei mai voluto al mio fianco. Abbiamo eliminato quei personaggi che navigano nel mare della politica da decenni. Imprenditori collusi, cattiva politica e mafia rappresentano il cancro di questa terra».

Non teme imboscate politiche da parte di chi ha depennato dalle liste al fotofinish?

«Io ho fatto scelte, senza cancellare nessuno. Ho soltanto espresso un parere su nomi che mi sono stati sottoposti. Per questo motivo non hanno trovato posto persone con pendenze giudiziarie e inchieste a loro carico. Le pare poco?».

Ma quali sono le caratteristiche che la differenziano dai suoi competitor? Questa campagna elettorale è iniziata all'insegna del “volemose bene”...

«Se buonismo vuol dire non scendere nelle offese personali allora dico che è un bene. Io farò una campagna elettorale basata sui programmi».

Che tipo di Giunta nominerà se verrà eletto presidente?

«Assegnerò tutte le deleghe, non tratterrò per me nulla. Ho in mente una squadra di professionisti seri per tutti i settori vitali della Calabria».

Auspica la fine del commissariamento della sanità?

«Abbiamo bisogno di gente competente. Soprattutto in un settore così delicato. Basta ai commissari che arrivano da fuori. La Calabria può rialzarsi grazie ai calabresi».

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