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Regione Calabria, Csa-Cisal: componenti Ufficio procedimenti disciplinari nominati a loro insaputa

In Regione Calabria ora gli incarichi si danno ad insaputa dei nominati. Non è una battuta ma è quanto realmente accaduto con l’individuazione dei membri dell’Ufficio Procedimenti Disciplinari (UPD). Premessa – osserva il sindacato Csa-Cisal –, quest’ufficio è parecchio delicato. Da una parte perché i contrasti fra l’UPD e la Responsabile dell’Anticorruzione, pro tempore, sono stati la miccia che ha fatto scattare la procedura di monitoraggio da parte dell’Anac, che poi si è estesa ai ritardi nell’applicazione della rotazione. Dall’altra parte perché, nell’ambito della Regione Calabria, l’UPD tocca da vicino il personale poiché è pur sempre l’organismo interno deputato a vigilare sulla correttezza delle condotte dei lavoratori e che può irrogare sanzioni. Affianco a questi elementi di fondo, la situazione è diventata esplosiva per altre ragioni. In molteplici circostanze, gli attuali componenti dell’ufficio hanno manifestato l’intenzione di lasciare l’incarico per vicende legate anche alla faccenda dell’Anac. A questo punto entra in gioco il protagonista, in negativo, delle ultime vicissitudini sull’UPD: il direttore generale del Personale Bruno Zito.

L’AVVISO FLOP E LE NOMINE DI UFFICIO ALL’INSAPUTA DEGLI INTERESSATI – Il 23 luglio viene pubblicato l’avviso interno per individuare 3 componenti titolari e 2 supplenti dell’UPD. Per molte settimane della procedura non si hanno notizie, finché misteriosamente negli ultimi giorni sono spuntati i nomi dei nuovi componenti dell’UPD. Lo si apprende dal decreto adottato (in data 18 settembre) dal dg Zito. I componenti titolari sono stati designati nelle persone di: Alessandro Romeo, Iolanda Mauro e Antonietta Bianco. Componente supplente: Roberta Paviglianiti. C’è un grosso problema, fatta eccezione per Paviglianiti, l’unica ad aver presentato la domanda, i tre componenti titolari hanno scoperto all’improvviso di essere stati catapultati nell’Ufficio Procedimenti Disciplinari. Una decisione assunta d’imperio da Zito. Paradossalmente l’unica che aveva presentato la propria candidatura era Paviglianiti che addirittura si è ritrovata ad essere supplente.

LA SCARSA TRASPARENZA E I BUCHI NEI CRITERI DI SCELTA – Non contestiamo – precisa il sindacato Csa-Cisal – la potestà del direttore generale del Personale di procedere d’ufficio alla nomina dei componenti dell’UPD. Piuttosto nutriamo forti perplessità sulle modalità attraverso cui si è arrivati alla loro individuazione. Anzitutto, non dobbiamo insegnare noi al direttore generale del Personale Zito che un avviso selettivo è una procedura pubblica. A livello amministrativo ha necessariamente un inizio e una fine. Questa dell’UPD è palesemente monco. Infatti, è evidente che essendo pervenuta una sola candidatura l’avviso ha avuto un esito parziale. Perché mai, come impone la trasparenza, non è stata data notizia di questo nella sezione del sito istituzionale dedicata all’avviso dell’UDP? Come mai è sparito un supplente rispetto all’originaria richiesta: 2 componenti supplenti e 3 titolari previste dalla manifestazione d’interesse? Come mai, leggendo attentamente l’avviso, non si è comunque proceduto al sorteggio e alla preventiva indicazione dell’orario dell’estrazione dei nominativi che deve essere pubblica per la trasparenza? Per chiarezza, la manifestazione d’interesse recitava così: <<l’individuazione dei componenti titolari e supplenti dell’Ufficio Procedimenti Disciplinari (UPD) della Giunta regionale avverrà mediante sorteggio che si terrà presso la Direzione Generale del Dipartimento Organizzazione e Risorse Umane>>. E ancora: <>. Non è avvenuto nulla di tutto questo. Insomma – insiste il sindacato Csa-Cisal –, perché il direttore generale del Personale ha agito di testa sua, dimenticandosi di operare in un ente pubblico?

E SE I NOMINATI NON DOVESSERO ACCETTARE? – Le distorsioni di questo modo di fare non sono finite qui. Infatti, i nomi designati d’ufficio da Zito sono addirittura al di fuori del suo dipartimento di competenza. Avrà considerato che gli stessi possano aver ricevuto dai rispettivi direttori generali del dipartimento di appartenenza dei carichi di lavoro aggiuntivi che potrebbero impedire l’espletamento della funzione di componente dell’UPD? Ha avuto qualche interlocuzione con i suoi pari grado? Ha consultato i diretti interessati, verificando preliminarmente la disponibilità ad essere membri (titolari o supplenti) di questo organismo? Ha verificato la sussistenza, per i profili selezionati da lui stesso, di eventuali ipotesi di incompatibilità nello svolgimento delle funzioni di componente dell’UPD o di qualsiasi altra causa ostativa? Posta così – fa notare il sindacato – sembra che il “sorteggio dei nomi” Zito lo abbia fatto nel chiuso della sua stanza per i fatti suoi dimenticando di non essere in un’azienda privata, ma in Regione Calabria.

UN DECRETO ED UN AVVISO DA RIFARE – Ci sono ragioni, in quantità e gravità, più che sufficienti che dovrebbero indurre lo stesso direttore generale Zito a fermarsi e ritirare il decreto prima della sua formale adozione, ricominciando d’accapo con l’avviso per la designazione dei componenti dell’UPD. Sarebbe inquietante se passasse il principio di nomine effettuate senza criteri coerenti e logici, e procedure non pienamente trasparenti ma affidate esclusivamente alla discrezionalità del dg. E sarebbe drammatico se ciò avvenisse – ribadisce il sindacato – proprio per l’individuazione dei componenti dell’UPD. L’unico ufficio interno dell’ente a poter comminare sanzioni disciplinari superiori al richiamo verbale, che può anche arrivare fino al licenziamento di un lavoratore. Con che credibilità i nuovi membri potranno “giudicare” i colleghi se la loro designazione è così palesemente inficiata? Abbiamo il fondato sospetto che queste preoccupazioni siano condivise all’interno della Cittadella regionale. Non vorremmo – continua la nota – che a stretto giro arrivino puntuali e rigorose “osservazioni” da parte di coloro che vigilano sulle regolarità di queste designazioni. In caso di prevedibili “stroncature” ci sarebbe l’ennesimo cortocircuito nella macchina amministrativa regionale. A quel punto – chiosa il sindacato – cosa dovrebbero dire l’Anac o l’autorità giudiziaria?

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