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La retata contro la cosca Longo-Versace di Polistena, i racconti dall’inferno dell’usura

«Ho iniziato ad avere seri problemi economici...». Hanno tutte lo stesso inizio le storie delle vittime di usura al centro dell’inchiesta “Libera Fortezza” della Dda di Reggio. In tredici hanno trovato il coraggio di raccontarlo, e i verbali sono confluiti nell’ordinanza di custodia cautelare eseguita da Carabinieri e Guardia di Finanza a carico di 22 esponenti della cosca Longo-Versace di Polistena. Imprenditori ed esercenti erano costretti a restituire prestiti con tassi fino al 200%; nelle abitazioni degli indagati rinvenuti assegni in bianco e pizzini con i debiti residui.

Al momento del bisogno
«Le banche dove ho un conto corrente non mi hanno elargito nessun prestito in quanto mi mancava della documentazione e solo con a partita Iva non si poteva ottenere nessun prestito», racconta disperata la prima vittima agli inquirenti che raccolgono la denuncia. La «voce» delle sue difficoltà si è sparsa ed ecco la visita di un “amico”, uno che fa «il collettore di clienti», nel senso che «porta gente in difficoltà come me». Continua la testimonianza: «Mi è venuto a trovare presso la mia attività e da subito si è dimostrato molto disponibile ad aiutarmi». Ci vuole un attimo per entrare nel tunnel. Persino mille euro da restituire possono diventare una montagna insormontabile. Il debito andava estinto «mediante assegni mensili post-datati di 900 euro per sei mesi, con sei scadenze mensili». Fatti due conti, mille euro possono diventare 5.400, «situazione per la quale sono stato costretto a rivolgermi a delle finanziarie». Insomma, il paradosso di un prestito legale per... pagare gli strozzini.

Interessi astronomici
Gli accordi da rispettare erano rigidissimi: «Qualora alla fine del mese non fossi riuscito a saldare il debito, avrei dovuto corrispondere ancora una volta la quota di interesse mensile del 10%, e questo fino a quando non avessi saldato definitivamente il mio debito. Purtroppo, ho convissuto vari anni con questo grosso problema, trovandomi a dover restituire per somme relativamente importanti un interesse quasi decuplicato, e praticamente a dover corrispondere somme mensilmente ammontanti solo agli interessi, senza mai poter saldare definitivamente il debito del capitale prestatomi». Conferme sugli interessi astronomici arrivano da tutti: «Ammontavano al 10% mensile, di fatto pagavo 1.500 euro d’interessi al mese. Penso che oltre ai 15mila euro di capitale ho dato circa 20mila euro di interesse».

Il momento più buio
Alle prime difficoltà scattavano le minacce. «Hanno iniziato a minacciare di prendermi tutti i macchinari». Poi «le minacce si facevano sempre più pressanti, cruente ed intense. Ho vissuto – racconta un’altra vittima – veramente un brutto periodo, ho subito continue minacce anche per la mia incolumità fisica e della mia famiglia». La “presenza” era costante, «almeno otto-dieci» telefonate al giorno. Finché, come ricostruisce la Dda, non si arrivava di fatto all’appropriazione delle imprese. Spesso gli incassi dell’attività imprenditoriale finivano direttamente nelle mani degli strozzini. «Ho avuto crisi di depressione pensando seriamente di suicidarmi», racconta il titolare di un’attività finito anche in ospedale. Spinto dalla disperazione, avrebbe ingerito dell’insetticida. Per alcuni, le pressioni erano insostenibili. E anche per questo è necessario, secondo gli inquirenti, «approntare una tutela tempestiva e immediata».

Minacce e magliette
«Una mia parente mi ha detto di non denunciare niente a voi carabinieri perché altrimenti ci avrebbero uccisi tutti, mi ha fatto capire di essere stata minacciata da qualcuno ma non mi ha detto da chi», è il racconto disperato. Un’escalation che arrivava fino al punto di vedersi sottratta l’azienda. «In realtà ormai non sono più il proprietario della mia attività in quanto sia i clienti che il lavoro dipendono da loro, nel senso che i clienti vengono perché mandati da loro e io sono costretto a fare lavori mettendo materiali e manodopera senza avere nulla in cambio; di tanto in tanto mi vengono dati degli acconti al fine di comprare materiale ma tutto in realtà è gestito da loro. Si sono impossessati della mia attività». Eclatante il caso delle magliette fatte stampare con le iniziali dei “nuovi” gestori di fatto: tutti insieme, il titolare e i suoi usurai... E persino «il costo di queste magliette è stato detratto dal mio lavoro».

Temuti da tutti
Storie drammatiche, delle quai si conosce l’inizio e si teme la fine. «Non avrei mai immaginato di andare a finire sotto usura. Non so più cosa fare, vi chiedo aiuto, ho sbagliato a rivolgermi a queste persone, ho capito gli sbagli che ho fatto ma non mi abbandonate adesso che ho paura di ritorsioni. Questi in paese non sono visti bene».

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