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Esplosione ad Alessandria, inchiesta per omicidio plurimo: tre pompieri morti, uno è di Reggio

La Procura di Alessandria ha aperto un fascicolo, al momento contro ignoti, per l’esplosione che la scorsa notte a Quargnento ha provocato la morte di tre vigili del fuoco: Matteo Gastaldo, 46 anni, Marco Triches, di 38, e Antonino Candido, 32 anni. Quest'ultimo originario di Reggio Calabria.

Omicidio plurimo e crollo doloso di edificio i reati ipotizzati. Le indagini dei carabinieri del Comando provinciale di Alessandria, agli ordini del colonnello Michele Angelo Lorusso, sono coordinate dal procuratore Enrico Cieri.

Nel mirino c'era la casa, non i soccorritori che hanno perso la vita durante l’intervento: di questo sembrano convinti gli investigatori che indagano sull'esplosione. Giovanni Vincenti, il proprietario della cascina «è persona offesa, vittima patrimoniale» di questa vicenda. Lo afferma il procuratore di Alessandria, Enrico Cieri.

«Lo abbiamo sentito più volte, fino a oggi pomeriggio - aggiunge -: sta collaborando all’attività di raccolta delle informazioni. Lo richiameremo». L’inchiesta, spiega il procuratore, intende chiarire «chi e perché abbia voluto danneggiare in questo modo» il proprietario dell’edificio, messo in vendita nei mesi scorsi ad un valore di 750 mila euro e distrutto dalla violenta esplosione.

Nonostante il modus operandi possa far pensare a un attentato eversivo - con la doppia deflagrazione, la prima utilizzata come esca e la seconda letale - le piste al momento privilegiate riconducono ad un ambito familiare: si pensa in particolare a dissidi tra il proprietario dell’abitazione e il figlio, con cui sembra non corra buon sangue, e ad un tentativo di incassare i soldi dell’assicurazione del fabbricato.

Ma la cautela è d’obbligo: «le indagini proseguono a 360 gradi e nulla viene tralasciato», afferma un investigatore. L'unica cosa certa è che non si è trattato di un incidente: «l'esplosione è stata voluta e deliberatamente determinata. È un atto doloso», ha detto senza mezzi termini il procuratore Cieri.

Quello che è successo e le modalità dell’azione - in un Piemonte culla dell’antagonismo, anche violento - hanno fatto subito pensare a un attentato volto a colpire le forze dell’ordine che sarebbero intervenute sul posto: la prima esplosione, secondo modalità ormai collaudate in ambienti dell’anarco-insurrezionalismo, sarebbe così servita da richiamo; la seconda ad uccidere.

Insomma, una trappola. E il ritrovamento sul posto di fili elettrici e di una sorta di timer avrebbero avvalorato questa ipotesi. Che però gli inquirenti hanno a stretto giro bollato come «infondata»: «non è terrorismo». Un edificio disabitato di un piccolo centro, questo è il ragionamento, non è il target di chi normalmente rivolge le proprie azioni contro caserme o siti 'istituzionali'.

Inoltre, l'innesco e il 'timer' trovati vengono definiti estremamente rudimentali e non è affatto detto che la seconda esplosione sia stata voluta: la dinamica descrive piuttosto un modo di agire pasticciato e improvvisato. Naturalmente gli accertamenti degli artificieri e degli specialisti del Ris diranno di più sulla tecnica adottata, ma i carabinieri che indagano sono fiduciosi di arrivare alla conclusione del caso prima dell’esito di queste indagini tecniche.

Due, in particolare, sono le piste al momento privilegiate. La prima riguarda i rapporti tra il proprietario dell’abitazione e il figlio, che non vengono descritti come idilliaci. Tutt'altro. Gli inquirenti hanno ascoltato il proprietario, come persona informata dei fatti, e i suoi familiari. Secondo il procuratore di Alessandria l’uomo non ha riferito «nulla di significativo se non una mera ricapitolazione dei fatti.

Sono tutte informazioni che vanno comparate, bilanciate, esaminate, pesate. Siamo ancora all’inizio di questa attività», si è limitato ad aggiungere. La seconda pista ipotizza invece un atto doloso finalizzato a riscuotere il premio dell’assicurazione sulla casa, che appunto era disabitata e, per un certo periodo, è stata messa anche in vendita.

Si sarebbe trattato di un modo per incassare dei soldi liquidi che, a quanto pare, avrebbero fatto molto comodo ad una famiglia che alcuni descrivono in difficoltà economica. Ma le indagini, ripetono gli investigatori, vanno avanti a tutto campo e non tralasciano alcuna ipotesi: nemmeno quella, di cui si parla in paese, secondo cui l’attentato potrebbe essere una sorta di regolamento di conti legata alle scommesse sui cavalli.

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