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'Ndrangheta, il clan Bonavota e il pizzo in Piemonte: tra le vittime l'ex calciatore Lentini

Gianluigi Lentini

Il sistema "mazzette" elevato all'ennesima potenza in Piemonte, dove la 'ndrangheta importava e applicava pedissequamente le "regole" della terra madre. E a Carmagnola, soprattutto, nessuno sarebbe sfuggito e quando qualcuno tentava di opporre resistenza erano i "vecchi" e collaudati metodi a convincere.

Insomma un valzer di pressioni, incendi, spari e altre intimidazioni a cui non sarebbe sfuggito neanche l'ex calciatore Gianluigi Lentini, nome importante nel mondo del calcio negli anni 90 giocatore del Torino e del Milan, titolare di un ristorante.

A parlare di lui nell'inchiesta "Carminius" - attraverso cui Gdf, Ros e Dda di Torino hanno inferto un colpo senza precedenti all'articolazione dei Bonavota di Sant'Onofrio in Piemonte - è il pentito siciliano Ignazio Zito il quale ha riferito in merito all'attualità dell'organizzazione radicata tra i territori di Carmagnola e la provincia di Cuneo.

Lentini, secondo il collaboratore, pagava mille euro. «Paga il pizzo Lentini, quello del ristorante omonimo, l'ex giocatore di calcio - dichiara Zito nel febbraio dello scorso anno -. A riscuotere si reca nel ristorante mio genero per conto di Franco Arone e Tonino Bono» questi ultimi due entrambi finiti in carcere nell'ambito del recente blitz.

Il primo ritenuto uno dei vertici della 'ndrina arone, diretta emanazione dei Bonavota; il secondo esponente di cosa nostra che, in Piemonte, avrebbe siglato un'alleanza con la 'ndrangheta per la gestione degli affari.

«Una volta a settembre - riferiva ancora Zito - sono andato al ristorante con mio genero, accompagnandolo con la mia autovettura e nel viaggio lui mi ha raccontato di queste cose. Giunti al ristorante lui è entrato e quando è uscito mi ha fatto vedere una busta che conteneva mille euro...».

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