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«Papà, noi siamo la ’ndrangheta», dialogo choc nell'inchiesta con 16 arresti fra Piemonte e Reggio

Sono in macchina, padre e figlio. In pieno centro di Torino parlano come tutte le mattine, papà sta accompagnando a scuola il suo bambino. Niente di speciale, un giorno identico a molti altri per una famiglia non come tante altre.

Lui, il papà, è monitorato dalle forze dell’ordine da tempo ormai sulle tracce di un grosso giro di usura. Sull’auto - ricostruisce la Gazzetta del Sud in edicola - c’è una cimice, che intercetta una conversazione-choc finita nell’ordinanza di custodia cautelare dell’inchiesta “Pugno di ferro”, sfociata martedì in una raffica di arresti fra Torino e la provincia di Reggio.

L’uomo si rivolge al piccolo: «Noi facciamo parte della loro famiglia, non potevamo trovare persone migliori». Interviene il figlio: «A me fa piacere far parte della loro famiglia!». Ed ecco che il padre lo incalza, quasi a suggerisce una risposta precisa: «Perché noi siamo la… noi siamo la?». Alla domanda il ragazzino esclama: «’Ndrangheta!». E alla risposta del figlio, il padre ribatte con soddisfazione: «E bravo, dai…».

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