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‘Fimmine ribelli’, il regista Costabile racconta le donne che dissero “no” alla 'ndrangheta

Le donne ribelli. Capaci di affrancarsi dalla subcultura arcaica della 'ndrangheta. Donne raccontate in un bel libro - “Fimmine ribelli” - scritto qualche anno fa da Lirio Abbate, giornalista palermitano e vicedirettore dell'Espresso. Un successo e un bagno di folla la prima del film “Una femmina” , tratto dall'opera di Abbate, proiettato al cinema Citrigno di Cosenza. Un cinema pieno fino all’ultimo posto come non lo si è visto forse mai dall’inizio della pandemia. La città dei bruzi ha celebrato il suo figlio prediletto, il regista Francesco Costabile che ha diretto la pellicola distribuita da Medusa.

“Una femmina” mette insieme storie diverse di donne che hanno detto no alla 'ndrangheta, ma è la storia di Rosa, giovane donna cresciuta dalla nonna e dallo zio in un paese della Calabria in un contesto di campagna e di miseria. Il film inizia con una telefonata terribile tra mamma e figlia, una telefonata che rievoca quella, tra Maria Concetta Cacciola e la madre, in cui sua figlia viene usata come esca per farla tornare a casa dove la donna morirà ingerendo acido muriatico. Rosa, interpretata da una straordinaria Lina Siciliano, la cariatese cresciuta in una casa famiglia di Cosenza e alla prima esperienza come attrice, è un personaggio che trae spunto – spiega il regista calabrese - da Denise Cosco, la figlia di Lea Garofalo che trova la forza e il coraggio di deporre in aula contro il padre e il fidanzato che ritiene responsabili della tragica fine della madre.

«Sono partito dalla realtà dalla lettura della realtà per poi fare un passaggio ulteriore di trasfigurazione ho sentito la necessità di costruire un immaginario che potesse in qualche modo agganciare l'esperienza dello spettatore a livello inconscio», commenta Francesco Costabile. «A me interessa che lo spettatore entri in empatia e che ci sia un aggancio emotivo sulla rimozione traumatica di Rosa, che ha vissuto la morte di una madre in maniera violenta. tutta questa dimensione è restituita da un immaginario anche attraverso un equilibrio tra vari generi cinematografici per poter far sì che la realtà possa essere trasfigurata e andare a fondo. Perché attraverso il cinema, attraverso l'arte, attraverso la costruzione dell’immaginario si può andare anche più in fondo e toccare delle corde emotive. per me un film diventa reale se emoziona lo spettatore. Il cinema ci permette di emozionare attraverso i linguaggi e la musica attraverso il linguaggio e la musica e noi su questo abbiamo lavorato tanto per far sì che anche i rumori diventassero organici e costituissero questa partitura emotiva nel viaggio di Rosa».

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