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Ecco i "capolavori"
della 'ndrangheta

Una collezione di dipinti “unica” non tanto – e non solo – per il valore intrinseco di alcune delle opere come qualche Dalì, De Chirico, Guttuso, Sironi – ma, soprattutto, per il valore simbolico che ha. Da questa mattina, dopo essere rimasti per quattro anni chiusi in un caveau della Banca d'Italia di Reggio, i 125 dipinti - di diverse epoche e di varie scuole -, tutti beni confiscati alla 'ndrangheta, sono tornati a vedere la luce. Si tratta, per la maggior parte, di quadri (alcuni anche dei “falsi d'autore”) che sono stati sequerstrati dalla Guardia di finanza e quindi confiscati a Gioacchino Campolo, il “re dei videopoker” condannato per estorsione aggravata dalle modalità mafiose e per i suoi legami con le ’ndrine di Reggio e provincia. Stamane gli uomini della Guardia di finanza hanno iniziato a togliere i sigilli ai “pezzi” che andranno a costituire il nucleo centrale del nuovo Palazzo della Cultura di Reggio Calabria, un vero e proprio strumento per combattere ogni forma di criminalità – organizzata e non – e di illegalità direttamente “sul campo”.
In quella che è stata una sorta di breve, sobria e informale cerimonia tra addetti ai lavori e investigatori ( presente anche il sindaco Falcomatà), il primo “pezzo” che è tornato alla luce dopo i tanti anni trascorsi chiusi in una stanza blindata della Banca d'Italia di Reggio è stato un Crocifisso in avorio scolpito di scuola italiana del XVII secolo.
Il Palazzo della Cultura di Reggio aprirà i battenti il 7 maggio offrendo ai suoi visitatori una mostra permanente con tele di assoluto pregio. Uno spazio espositivo nel quale, come ha spiegato anche ieri mattina l'assessore alla cultura ed alla legalità della Provincia di Reggio Eduardo Lamberti Castronuovo - che questo progetto ha tenacemente voluto – si vuole “diffondere la cultura della legalità utilizzando l’arma dell'arte e della bellezza”.

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