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C’era una volta la Calabria in B: tremano Reggina, Cosenza e Crotone. Quando la storia si scrive... alla rovescia

C’è uno spettro che aleggia sulla Calabria cadetta. Difficile che uno scenario sportivamente così lugubre si verifichi, per carità, ma non per questo è meno inquietante. Non per questo non agita le notti dei tifosi di Reggina, Cosenza e Crotone. Le tre sorelle calabresi di serie B accomunate da un percorso tribolato (eufemismo, soprattutto in due dei tre casi) nella stagione in corso.

I numeri della disfatta e un andamento da... tripla retrocessione

Lo spettro, logicamente, ha la faccia della triplice retrocessione. Nessuna delle tre squadre calabresi, al momento, può dirsi serena. Si fotografi il momento, per andare più a fondo nelle riflessioni, per capire perché Reggina, Cosenza e Crotone stanno colando a picco. Più che per i punti in classifica (comunque pochi) è proprio l'andamento lento (altro eufemismo) a far tremare i polsi. Il Crotone è terzultimo della classe con 12 punti (-10 dalla salvezza diretta), il Cosenza occupa il gradino successivo (a quota 16) e la Reggina, dopo aver navigato anche in zona playoff, è precipitata a 3 punti dalla zona calda (a 23). Nelle ultime cinque partite, la squadra più “prolifica” ha collezionato... 4 punti. Ed è paradossalmente quella messa peggio, il Crotone. Cosenza e Reggina ne hanno conquistato uno a testa. Cumulando le tre strisce si arriva a 1 vittoria, 3 pareggi e 11 sconfitte. Ovvero 6 punti sui 45 disponibili.

Snocciolando altri numeri, la situazione si appesantisce. Il Crotone è una groviera: ha incassato 33 reti in 19 partite (peggio hanno fatto solo Pordenone e Vicenza, mentre il Cosenza è a quota 32 e la Reggina a 27). Cosenza e Reggina invece condividono il triste primato del peggior numero di reti segnate: 16 (come il Pordenone), meno di una a partita. Il Crotone ne ha realizzati 21, ed è comunque tra le peggiori squadre del campionato.

I bomber d'autunno sono rimasti in letargo: non segnano da ottobre

A incepparsi, in tutte e tre le squadre sono stati soprattutto i meccanismi offensivi. I tre bomber principi non sanno più come si fa. E dire che la partenza era stata a razzo nelle prime 10 gare: Galabinov della Reggina 6 reti (ma adesso non segna dal 28 ottobre, cioè da 900 minuti) così come Mulattieri del Crotone (l'ultimo centro risale al 16 ottobre contro il Pisa) e Gori del Cosenza 5 gol (il 27 ottobre la rete contro la Ternana nell'ultima vittoria in campionato dei rossoblù bruzi).

Schizofrenia in panchina

Crisi nerissime appesantite dalle scelte societarie: 3 squadre e già 5 cambi di panchina. La Reggina ha iniziato il campionato con Alfredo Aglietti, prima di tornare in mano a Mimmo Toscano, esonerato dopo poche partite in favore (pare) di Roberto Stellone. Il Cosenza è passato da Marco Zaffaroni a Roberto Occhiuzzi (un cavallo di ritorno, dopo la retrocessione dello scorso anno). Il Crotone ha iniziato il campionato con Ciccio Modesto, poi si è affidato a Pasquale Marino per poi riabbracciare... Modesto.

La Reggina e la paura di scoprirsi “piccoli”

E dire che la partenza non era affatto dispiaciuta. Perché la squadra guidata da Aglietti aveva dimostrato che lassù, o comunque nella prima metà della classifica, poteva starci eccome. Poi, gli amaranto hanno improvvisamente staccato la spina e sono arrivate 8 sconfitte in 10 gare e il pallottoliere si è inceppato: meno di un gol... ogni due gare. La squadra non calcia nemmeno in porta, è lenta e compassata, figlia di scelte che in una prima fase hanno dato ragione al ds Taibi ma che alla lunga si sono rivelate un boomerang: l'esperienza ha fatto da segna apripista, ma quando la condizione generale del campionato è cresciuta, i reggini hanno accusato il colpo. Le giocate estemporanee non bastano più e la “freschezza” degli altri sta facendo la differenza.

Il Cosenza e la solita strategia dello “Speriamo che ci sia qualcuno peggio di noi”

Chi vive di pane e calcio, in riva al Crati, non si sorprende più. Sotto la gestione del patron Guarascio, in cadetteria, c'è stato sempre da soffrire. E da rimediare sul mercato (di gennaio), operazione che non è riuscita lo scorso anno, culminato con una retrocessione sanata dal bonus del... fallimento del Chievo Verona. Ma evidentemente il numero uno della società di via degli Stadi non ha imparato la lezione. Cambiano i ds (da Trinchera a Goretti) e si stravolgono gli organici, ma gli affanni sono sempre gli stessi: prestiti, occasioni e uno sguardo proteso verso il cielo: “Che Dio ce la mandi buona”. Ogni anno la storia si ripete con una noiosa ripetitività. Con la speranza che ci sia qualche squadra più in difficoltà. Possibilmente quattro.

Crotone, è un déjà vu o c'è da preoccuparsi seriamente?

Il caso più strambo riguarda il Crotone. Appena un anno fa i rossoblù giocavano all'Olimpico, a San Siro e allo Juventus Stadium. Poi, dopo la retrocessione, la squadra è stata smantellata e il lifting è stato totale: sia in campo, sia in panchina. Ma stavolta il falco Ursino, ds che di numeri pazzeschi in carriera ne ha regalati a iosa (si pensi ai vari Florenzi, Bernardeschi o più di recente Simy e Messias) di conigli dal cilindro non ne ha tirato fuori neanche mezzo. Proprio come accadde dopo l'ultima retrocessione, seguita da un campionato di grande affanno in B, concluso comunque con la salvezza (tutt'altro che tranquilla), preludio alla promozione dell'anno seguente. Anche in casa pitagorica il mercato dovrà essere taumaturgico (fino al momento non sono stati battuti colpi in grado di fare la differenza). Perché 12 punti in 20 partite sono una miseria.

Ecco perché nella Calabria cadetta ci si guarda le spalle. Sperando che dietro ci sia qualcuno a far da cuscinetto e a scacciare gli spettri di una triplice retrocessione. Nessuno, da Cosenza a Reggio, passando per Crotone, vuole scrivere la storia... alla rovescia.

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