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Cosa fare il Primo Maggio in Calabria? Ecco le cinque mete da visitare FOTO

Si avvicina la data del Primo Maggio, il giorno della festa dei lavoratori. Un giorno, soprattutto quest'anno caratterizzato anche dal lungo ponte del 25 aprile e che capita di lunedì nel post-weekend, da sempre caratterizzato da eventi, concerti, gite fuori porta. Ecco allora che vi consigliamo cinque mete in Calabria da visitare (meteo permettendo).

Visitare la chiesetta di Piedigrotta a Pizzo

Una chiesa unica al mondo. Si trova a Pizzo (VV) in via riviera Prangi a due passi dal mare. Impropriamente la chiesa della Madonna di Piedigrotta viene definita una grotta scavata nel tufo.

In realtà non si tratta di una roccia tufacea in quanto il tufo è una roccia magmatica; in particolare è la più diffusa delle rocce piroclastiche ed è composta da brecce, lapilli e ceneri vulcaniche.

Sebbene il nome “tufo” vada propriamente riservato a formazioni di origine vulcanica, esso viene utilizzato per indicare rocce diverse, accomunate dal fatto di essere leggere, di media durezza e facilmente lavorabili. In particolare in alcune regioni italiane prive di giacimenti tufacei vulcanici viene chiamato tufo il calcare poroso. Piedigrotta, invece sorge su rocce sedimentarie di origine marina classificabili nell’ambito di arenarie e ruditi. La facciata è semplicissima in pietra, povera nelle forme e nei materiali. Sul tetto solamente una Croce in ferro e la statua della Madonna con il Bambino che protegge la gente di mare. Lo spettacolo che si apre agli occhi del visitatore quando entra all’interno di essa è davvero unico: tre grotte con statue create dalla stessa roccia sedimentaria che raccontano scene delle Sacre Scritture: ai lati della porta d’ingresso 4 Angeli reggono le due acquasantiere la cui basi poggiano su dei leoni. Subito a sinistra la cappella della Madonna di Pompei che racchiude sul bellissimo altare il bassorilievo della Madonna di Pompei, il Sacerdote che celebra la Messa, Angeli, fedeli inginocchiati. Due Evangelisti accolgono i fedeli ai lati dell’arco d’entrata delimitato da un grande pesce in buono stato di conservazione.

Perdersi tra i vicoli di Cosenza vecchia

Il centro storico di Cosenza, sede dell’antica cattedrale e di palazzi e chiese risalenti a un periodo compreso tra il Duecento e il Settecento, è incastonato tra i fiumi Crati e Busento (dove è ancora forte il mito di Alarico). Un luogo in cui immergersi visitando la cattedrale (con tantissimi monumenti all'interno presenti:  e le numerose chiese presenti: la Chiesa di San Domenico, di San Francesco di Paola, la Chiesa del Santissimo Salvatore. E ancora, Palazzo Arnone sede della Galleria Nazionale, i tanti palazzi ubicati in Corso Telesio e il palazzo del Teatro Rendano nella splendida Piazza XV Marzo. Sul Colle Pancrazio, poi, ecco il Castello Normanno-Svevo (una fortezza con una storia millenaria).

Un tour nelle cascate Mundu e Galasia a Trepitò di Molochio

Meta imperdibile per poter ammirare due opere spettacolari della natura, Le cascate Mundu e Galasia, immerse tra una primordiale vegetazione fatta di muschi Licheni e Felci antichissime. La possibilità di fare un'escursione da brividi e fare trekking in provincia di Reggio Calabria nel comune di Molochio. Dall’autostrada A2 prendere l’uscita per Gioia Tauro, per Taurianova e poi per Molochio, seguire le indicazioni che porteranno in montagna. Cominceranno una serie di spettacolari tornanti che, immersi in una lussureggiante vegetazione con costoni imponenti portano in quota in breve tempo, una curva molto chiusa, nasconde un tabellone segnaletico in legno dell’Ente Parco. Questo tratto escursionistico è molto utilizzato poiché ben segnalato e ben conosciuto da molti, proprio accanto al tabellone segnaletico parte il sentiero in discesa che è alla portata di tutti, procede a mezzacosta fino ad una fonte che sgorga ben visibile sul lato destro del sentiero, l’acqua è buona, filtrata in modo naturale, si completa la discesa per raggiungere il piccolo torrente che i locali chiamano Jamundu, lo stesso, alimenta uno splendido salto di circa 50 metri poco a valle, la famosa cascata Mundu, che conviene comunque vedere al ritorno.

Oltrepassando il torrente appare una salita che porta su di un crinale, il tratto ora è completamente coperto dagli alberi, seguendo la segnaletica comincerà la discesa e si potrà già udire il fragore delle acque. Tutto profuma di antico, dal sentiero alla vegetazione Esiste la possibilità di visionare dal basso entrambe le cascate definite Galasia in quanto il sentiero si snoda per raggiungere il salto più piccolo, di circa 15 metri e il salto più alto circa 35, incastonato tra secolari rocce, e negli ultimi anni, in continua mutazione. Nei primi mesi del 2012 ad esempio il salto si è abbassato di qualche metro ed è scomparsa la fitta vegetazione che lo attorniava lasciando spazio alle rocce di differente colorazione sparse qua e là. Nei mesi estivi considerando anche l’altitudine, circa 600m, è possibile fare un bagno rigenerante nella vasca di acqua cristallina, nei mesi invernali si viene invece, a seconda della distanza, investiti dallo spostamento d’aria ed acqua nebulizzata che il salto sviluppa, ancor di più alla base della cascata Mundu. eguendo il sentiero a ritroso infatti torniamo sul precedente torrente definito Jamundu per scoprire la quasi omonima cascata, in realtà osando salire proprio sopra la cascata e con un po’ di attenzione è possibile dall’alto vedere, oltre che uno splendido panorama, anche l’invito dei due salti, esattamente uno accanto all’altro, il primo dove tutt’ora scorre l’acqua ed un secondo, un canale granitico scavato nei secoli dal corso d’acqua tutt’ora asciutto e liscio. Il sentiero, anche se per esperti, porta giù alla base della cascata, prestare molta attenzione per via dei continui smottamenti che portano a valle intere zolle di terra. Arrivati giù oltre la magnificenza del salto e la pozza color verde, fanno parte dello spettacolo Woodwardia radicans, una varietà di felci preistoriche enormi, riconducibili ad almeno 60 milioni di anni fa.

In uno dei borghi più belli d'Italia: Santa Severina

Santa Severina è uno dei paesi della Calabria inseriti nel circuito dei Borghi più belli d'Italia. Comune di 1900 abitanti in provincia di Crotone, Santa Severina diede i natali a San Zaccaria. Tra i luoghi da visitare ci sono certamente il Castello, il Battistero, la Cattedrale. Passeggiare nel centro storico di Santa Severina vi regalerà emozioni uniche o lungo i sentieri di Monte Fuscaldo. Così come sorseggiare un caffè in Piazza Campo. Il piatto tipico del borgo è la pasta “chjna”, rigatoni al forno ripieni di formaggio provola e salsiccia.

Un pò di storia. Come si evince dalla pagina di Santa Severina sul sito Borghi più belli d'Italia, "con il nome greco di Siberene, l’abitato è documentato come città dell’Enotria già nel V secolo a.C. Ignoto è invece quando il sito cambia nome. Due le ipotesi: la latinizzazione del nome in Severiana/Severina, con l’appellativo di Santa aggiunto dai Bizantini dopo la riconquista della città nell’886. Oppure una Santa Severina già venerata dai Bizantini, alla quale essi avrebbero dedicato la nuova patria.

V sec. a. C., è documentata da Ecateo di Mileto l’esistenza di Siberene tra le città della Magna Grecia.
VIII sec. d.C., il luogo diventa un avamposto dell’impero di Bisanzio, che vi costruisce un kástron sulla parte più elevata dello sperone roccioso.
IX sec., elevata a sede metropolita di Bisanzio, vi prende residenza l’arcivescovo.
840, la città è espugnata dai Saraceni.
886, i Bizantini la riconquistano, guidati da Niceforo Foca, valoroso generale al servizio di Basilio I.
1075, il normanno Roberto il Guiscardo, dopo un assedio durato due anni, si impadronisce di Santa Severina. Con i Normanni prende avvio la costruzione del castello.
La popolazione, che era di origine e di rito greci, è costretta a latinizzarsi.
1450 ca., vi immigrano gruppi di Albanesi.
1466, la città passa sotto il controllo degli Svevi.
1496, Santa Severina in mano agli Aragonesi viene infeudata ed elevata a sede di contea.
1503, Andrea Carafa, celebre condottiero e viceré di Napoli, ottiene da Federico d’Aragona il titolo di conte e la signoria di Santa Severina.
1510, un editto del viceré spagnolo don Pedro di Toledo ordina la cacciata degli Ebrei.
XVII-XVIII sec., il borgo diviene feudo di diverse famiglie nobili (Ruffo di Calabria, Sculco e Gruther) fino al 1806, quando con l’abolizione della feudalità entra a far parte del Regno di Napoli.
1783, un terremoto riduce a rovine il rione Grecìa.

Tra Curinga e Tiriolo: tra Tirreno e Ionio nella parte più stretta d'Italia

Una gita in provincia di Catanzaro: visitando Curinga, le sue terme romane e il maestoso platano poco più giù, arrivando poi a Tiriolo nell'istmo di Catanzaro. Due tappe che vi faranno riscoprire tre luoghi magici nel centro della Calabria. Uniche, in tutta la Calabria, per il fatto di conservare la struttura fino a quasi l’altezza della copertura, le Terme Romane si trovano a Curinga, piccolo paese di antica origine in provincia di Catanzaro. Resti importanti dell’epoca Romana, più precisamente del periodo Diocloeziano. Detto anche “tempio di Castore e Polluce il complesso termale facente parte di una grande villa monumentale della fine del III-IV sec A.C. si presenta in un ottimo stato di conservazione. Poca sopra l’incantevole borgo di Curinga, con lo sguardo sulla collina ed affacciato sul Mar Tirreno, sporge su un piccolo ruscello (VRISI) all’interno di una meravigliosa conca. Questo “guardiano” con 31 metri di altezza e 15 metri di circonferenza, si impone nel paesaggio e veglia amorevolmente sulla foresta.

Tiriolo, centro agricolo della Sila Piccola, è posto sulla cima di un poggio che funge da spartiacque tra le valli dei fiumi Amato e Corace, nel punto più stretto dell’istmo di Catanzaro. Dal borgo è possibile spaziare con lo sguardo fino a formare un'immagine univoca comprendente i mar Ionio e Tirreno, la Sila e le Serre, l'Arcipelago delle Eolie con lo Stromboli fumante, e in lontananza la cima innevata dell’Etna. A est dell'abitato si eleva in tutta la sua maestosità Monte Tiriolo, Parco Naturale ed Archeologico, di aspetto troncoconico e natura calcarea, l'ultimo testimone della falda appenninica, ricco di grotte di natura carsica. Sulla cima i resti di una fortificazione bizantina testimonia dell'utilizzo della montagna per fini strategico-difensivi. Le case del centro storico, arroccate come in un presepio, costituiscono la parte vecchia del paese, mentre le nuove costruzioni si estendono lungo piedi del colle, incastonate tra la montagna e le valli.
La leggenda fa risalire le origini dell’insediamento di Tiriolo a genti elleniche sei secoli prima della guerra di Troia o addirittura lo identifica con la mitica Scherìa, patria felice dell’omerico popolo dei Feaci. Ritrovamenti archeologici avvalorano l’ipotesi tuttavia dell’esistenza di un nucleo abitativo sin dal Neolitico, come rivelato da reperti quali asce levigate, scalpelli rudimentali e raschiatoi di ossidiana. La successiva presenza romana trova la sua più rilevante testimonianza nella celebre tavoletta bronzea con inciso un testo riguardante il Senatus Consultum de Bacchanalibus, un decreto del II sec. a.C. col quale il senato romano vietava i Bacchanalia, riti orgiastici a cui partecipavano anche le élites e pertanto considerati contesto di possibili cospirazioni contro lo stato. Il reperto, rinvenuto nel 1640, si trova oggi al Kunsthistorisches Museum di Vienna, offerto nel 1727 in omaggio all’imperatore Carlo VI d’Asburgo

 

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