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Cioccolato e pasta di zucchero: dalla Calabria la Natività che regala gli auguri più dolci

Maria e Giuseppe sorridono, con gli occhietti di zucchero, facendo capolino da una grotta di delizioso panettone, che odora di agrumi, canditi e uvetta

Coccolato dal tepore dei fornelli accesi e di un cuore grande grande, Gesù Bambino nasce in tutta dolcezza, tra la cucina e il salotto, circondato dalle lucine dell’albero e del presepe, sotto una cometa di marzapane che annuncia speranza e amicizia. Maria e Giuseppe sorridono, con gli occhietti di zucchero, facendo capolino da una grotta di delizioso panettone, che odora di agrumi, canditi e uvetta. La neve al galak imbianca il tetto, alberi di cialda, scagliette e biscotti punteggiano lo scenario di cioccolato purissimo. Non è il Paese delle Meraviglie, ma una casa di Cosenza dove la passione per la cucina, la fantasia, i ricordi di famiglia e l’affetto per le persone care, da sottolineare con un dono speciale, si mescolano in vista della Notte Santa, dando vita a veri e propri capolavori di piccolo grande artigianato dolciario. E così, ogni superficie si ricopre di vassoi infiocchettati e scintillanti di cellophane, pronti per essere consegnati a schiere di amici strabiliati ogni anno di fronte all’impareggiabile sorpresa di Natale, coperta di granella e di affetto. Cosa avrà inventato quest’anno Giovanna per stupirci? Si chiedono. E la risposta arriva puntuale, grazie non a frotte di piccoli elfi, ma a due sole mani, animate - e moltiplicate - da una mente vivace, e sapiente.

“Da piccola era un piacere seguire i gesti precisi e misurati di mia madre in cucina. Per mio padre, invece, la scelta meticolosa degli ingredienti e la cura quasi maniacale dei particolari, era una piacevolissima passione”, racconta Giovanna Giulia Bergantin, una vita per la Scuola, docente e pubblicista conosciuta – e stimata – ovunque in Calabria ci sia una classe o un istituto, grazie all’alchimia tra garbo e cordialità, da piemontese emigrata “al contrario” al Sud.

“Sono nata a Santhià, nel cuore della baraggia vercellese, ma la famiglia è di origini venete – rievoca - . Mia madre gestiva un emporio di maglieria e filati, mio padre era funzionario dell’Ufficio Registro. A casa mia “cadrega” e “scarana” si usavano entrambe, cioè, i termini piemontesi e veneti erano interscambiabili come i piatti tipici e le tradizioni, gli aneddoti e i personaggi dei racconti familiari. Il carnevale è il periodo più importante dell’anno e il giorno di Natale si mangiano gli “agnulot col brasato”.

Ho vissuto in Piemonte fino all’età di 15 anni. Poi mio padre venne trasferito in Calabria e io giunsi a Reggio Calabria, città dove ho concluso gli studi superiori. Ho conseguito la prima laurea all’Università di Messina. I miei genitori, col pensionamento di mio padre, sono tornati in Piemonte, io mi sono sposata con un calabrese e in Calabria ci sono rimasta. In seguito mi sono trasferita a Cosenza per motivi di lavoro, anche se per molti anni ho lavorato a Catanzaro. Ho due figli che vivono e lavorano al nord Italia, uno dei due abita nella casa di famiglia, al mio paese, dove ritorno spesso”.

“ Solo col passare degli anni ho scoperto quanto fosse gratificante fare memoria delle tradizioni gastronomiche di famiglia. – ricorda - Sfogliando la vecchia agenda sbiadita dal tempo ho riproposto man mano gran parte delle pietanze e dei dolci che mia madre realizzava. Pian piano ho capito che ripetere gesti che fanno parte dell’infanzia, dell’adolescenza, non è solo un ricordo, ma piuttosto è un piacere, un gioco stimolante che richiede fantasia, creatività, un po’ di esercizio e sicuramente un pizzico di pazienza. Ecco perché spesso rimpiango di non aver prestato abbastanza attenzione alle descrizioni e alle pratiche di cucina che i miei genitori mi avrebbero voluto insegnare. Adesso cerco con ossessiva insistenza tra i ricordi del passato qualche immagine particolare di preparati da ripresentare. Ho cominciato così, a rielaborare con pazienza molte pietanze che oggi arrivano sulla tavola per i miei ospiti o a casa dei miei amici”.

“Quest’anno – spiega la Bergantin, che con la collaborazione all’inserto di Gazzetta del Sud “Noi Magazine” ha avvicinato proficuamente scuola e informazione - per la magia delle feste ho preparato una dolce Natalità artigianale che piace tanto ai più piccoli, ma è gradita da tutta la famiglia.

La ricetta

Basta partire, secondo gusto, da un semplice panettone o da un pandoro di qualità che sono la materia prima per ricostruire la scena con i personaggi della notte Santa. Bisogna rifornirsi anche di una buona quantità di cioccolato fondente e al latte, di pasta di zucchero in vari colori, scagliette di cioccolato e di wafer color verde brillante, decorazioni di granella di zucchero e tanta creatività.

Dapprima, confesso, ho disegnato il mio Presepe dolce, ma adesso vado a braccio, senza esitare, anzi ogni errore alimenta la fantasia. Prima preparo la base dove creare la scena. Utilizzo la glassa trasparente di zucchero fondente per ricoprire il tondo di un cartoncino pesante (si comprano a chilo dai rivenditori di materiale dolciario) rivestito di carta forno leggermente trattenuta al fondo da qualche goccia della stessa glassa. Prima che lo zucchero si addensi ricopro tutta la circonferenza di scagliette di cioccolato o wafer verde, o, se piace, di codette e zuccherini colorati. Sfodero un panettone da tutte le carte che lo rivestono e con un coltello per il pane in due colpi decisi taglio metà cielo del dolce e lo metto da parte. Scavo la parte frontale del panettone e preparo la grotta della nascita. Mantengo caldo (a bagnomaria) il cioccolato nero e bianco, a parte tutti gli arredi che voglio sistemare nella scena. A grandi pennellate ricopro il panettone di cioccolato nero, che avrò temperato, unisco con fantasia i pezzi di panettone per creare il paesaggio. Come collante utilizzo il cioccolato nero o bianco. Appena comincia a raffreddare (bastano pochi minuti) sistemo gli alberelli, la stella cometa, le staccionate e le casette di pasta zucchero, oppure di cioccolata, di wafer o di biscotti già pronti. Alla fine sistemo i tre personaggi della Sacra Famiglia con pecorelle e pastori. Si possono comprare già pronti, ma io, assieme alla stella, agli alberi e agli angioletti, li ho costruiti con la pasta di zucchero colorata. Un suggerimento: per gli alberelli comprate delle piccole cialde per i coni, rivestitele col cioccolato bianco o nero e passatele dentro scagliette verdi, anche di pistacchio di Bronte, che non guasta, o di cioccolata di Modica, che adoro.

Occhio al finale: colata di cioccolato bianco sul tetto della capanna, come se fosse neve, spolverata di zucchero a velo e confezione con carta trasparente, fiocco e bigliettino augurale”. Piccoli grandi capolavori, belli al punto che quasi dispiace spacchettarli e scomporli per assaggiarne i sapori… E per il pandoro? “Si procede diversamente. Ma questo ve lo dirò l’anno prossimo, altrimenti cosa vi racconterò di nuovo? “.

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