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Capistrano, la morte di Calvesi rievoca il dibattito su un misterioso affresco della chiesa madre

La notizia della morte all’età di 92 anni dell’accademico Maurizo Calvesi, considerato uno dei più autorevoli storici e critici dell’arte moderna in Italia, ha rispolverato, a Capistrano, antichi ricordi per un errato intervento che il critico fece nell’estate 1993 con una intervista rilasciata, a Tropea, al giornalista Rai-Tv Pino Nano sull’affresco “Il Battesimo di Gesù nel fiume Giordano” del 1881 attribuito a Renoir, mandata in onda dalla Rai e dal TG1 del 25 agosto e, all’indomani, pubblicata dalla Gazzetta del Sud. Poi riproposta da numerosi quotidiani, settimanali e TV.

Nell’intervista Calvesi definiva l’affresco de “Il battesimo di Gesù nel fiume Giordano”, esistente nella chiesa madre di Capistrano con “rifacimento” attribuito fin dal 1966 al grande Pierre Auguste Renoir: “È solo una volgare crosta del Settecento. Nulla più”. Un’affermazione prontamente demolita in diretta Rai con il giornalista Pino Nano dall'allora presidente della pro loco di Capistrano, poi riproposta dalla Gazzetta del Sud del 27 agosto dal titolo: “Calvesi sbaglia: l’affresco non è del ‘700 ma dell’800”, per come dimostrato dal verbale della visita pastorale del 10 maggio 1817, conservato presso la curia vescovile di Mileto, e, poi, dalle testimonianze e documenti emersi nella conferenza stampa indetta dalla pro loco, della quale ne diedero notizia giornali (tra cui la Gazzetta del Sud del 31 agosto 1993: “Di nuovo smentita l’ipotesi Calvesi”)e TV.

Infine, una ulteriore smentita a Calvesi è stata fornita in data 15 novembre 1993 dal Ministro per i beni ambientali e culturali e ambientali: “L’opera si può contrassegnare come pittura del secolo XIX il cui schema compositivo risulta di buona fattura, mentre la materia pittorica appare scadente”. Jean Renoir nel suo libro scrive che suo padre gli riferì: “Rifeci gli affreschi con polveri avute dai muratori”.

Dopo Calvesi, fra alcuni serpeggiò qualche dubbio, che, per il prof. Vittorio Sgarbi : “È più favorevole a Capistrano “ (Il Giornale di Calabria, 10 marzo1994), anche se la generalità di studiosi, critici, giornalisti, pittori (fra cui Natale, Gambino, Pisani, X. Battaglia, Nisticò, Di Bella, Fera, Guarna, Murat Cura, Di Genova, ecc.) rimase la ferma convinzione dell’attribuzione a Renoir. Fra questi anche il famoso Andrea Camilleri che evidenziò (nel suo libro “Cielo rubato- Dossier Renoir”) come “L’eminente critico e storico d’arte sia caduto in un evidente errore”.

L’intervento di Calvesi, comunque, sostengono a Capistrano, anche se errato, fu utile ad aumentare l’interesse intorno all’affresco di Capistrano attribuito a Renoir, ma avrebbe allontanato l’attribuzione definitiva del dipinto a Renoir da parte della Soprintendenza Beni A.A.A.S. che (forse, in considerazione di quanto era accaduto nel 1984 a Livorno con la “beffa di Modigliani”) chiese una impossibile “testimonianza storica che comprovi la presenza di Renoir all’epoca della realizzazione del dipinto”. E ciò nonostante una anziana donna, Concetta Furlano (1874-1968), nel 1966 aveva riferito a Sharo Gambino ed altri che a cavallo del 1881-1882 a Capistrano soggiornò un pittore straniero che chiamava “Madamoiselle” anche le bambine come lei, che Salvatore Sicilia (che aveva intervistato Jean Renoir nel 1952 a Roma, sul set del film “La carrozza d’oro” con Anna Magnani protagonista) scrisse, con un articolo pubblicato nel 1977 dal settimanale “Il Miliardo”,  che Renoir era stato a Capistrano, dove lo chiamavano “mastru Pietru” ed aveva “rifatto” alcuni affreschi in chiesa e aveva fatto una sosta intermedia, su invito del prete capistranese don Giacomo Rizzuti (1820-1905) quando, nel dicembre 1881, partì da Napoli per recarsi a Palermo per fare il ritratto al musicista R. Wagner.

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