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I ragazzini “terribili” di Corigliano smascherati dall’inchiesta della Dda

Tre ventunenni, un diciottenne e un diciassettenne romeno nuove leve delle ’ndrine

I ragazzini “terribili” di Corigliano. Pronti a usare armi, fare estorsioni, spacciare droga e uccidere. L’inchiesta avviata dalla Dda di Catanzaro, diretta da Nicola Gratteri, svela uno scenario un tempo impensabile nella mafia calabrese. Uno scenario con un diciottenne, tre ventunenni e un diciassettenne romeno diventati “azionisti” di ’ndrangheta come già accade da tempo con le “paranze” della camorra in Campania.
Francesco Lepera, 21 anni, è indicato dai magistrati inquirenti come l’assassino di Pasquale Aquino, 57 anni, inseguito e finito sotto casa, a Schiavonea, con una gragnuola di pallottole esplosa da una pistola calibro 7,65 e da una mitraglietta “Skorpion”. A far da “vedetta” e “palo” al presunto sicario c’era, la sera del tre maggio scorso, un altro ventunenne, Manuel Intrieri. Un diciottenne, Antonio Carvelli e un ventunenne, Antonio Martino, hanno successivamente provveduto a nascondere le armi usate per compiere il delitto all’interno di uno stabile di contrada Fabrizio di Corigliano. Armi trovate insieme con il resto dell’arsenale del gruppo dagli investigatori dell’Arma, guidati dal tenente colonnello Raffaele Giovinazzo. Lepera, dopo aver eseguito la sentenza di morte si è rifugiato in casa di un ragazzino di 17 anni, di origine romena. Un ragazzino arrestato come gli altri “compari” e che risulta pienamente inserito nelle dinamiche di un gruppo criminale con mire egemoniche nelle contrade Schiavonea e Fabrizio Grande. La ipotizzata consorteria sarebbe responsabile - per mano di Francesco Lepera - anche dell’agguato teso in danno di Cosimo Marchese, volto noto alle forze dell’ordine, avvenuto in contrada Pirro Malena meno di un mese dopo l’uccisione di Aquino. Marchese rimase ferito ma scampò miracolosamente alla morte.

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