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Anche un tifoso calabrese fatto uscire dalla Curva dell'Inter con la forza: il racconto

La «FC Internazionale Milano condanna con fermezza qualsiasi episodio di coercizione avvenuto sabato sera al secondo anello verde dello stadio di San Siro», fa sapere dal canto suo il club neroazzurro che ha espresso anche «totale solidarietà» ai tifosi e ribadisce la «totale collaborazione» con le forze di polizia. E' il commento dell'Inter dopo quanto accaduto sabato sera a San Siro dove gli ultrà della Curva hanno fatto uscire dallo stadio i tifosi dopo la notizia dell'omicidio del capo ultras Vittorio Boiocchi.

Tra questi tantissimi tifosi arrivati dal Sud. E c'era anche un tifoso calabrese, arrivato dalla provincia di Cosenza insieme alla moglie e al figlio di 14 anni. La testimonianza da «Non è un paese per giovani» condotto da Tommaso Labate e Massimo Cervelli su Rai Radio 2. Il tifoso cosentino si chiama Antonio: «Ero con mia moglie e mio figlio in curva - spiega Antonio - Siamo partiti dalla Calabria perché sono un grande tifoso interista. Quando è iniziata la partita la curva era in silenzio, ma noi non capivamo perché. Dopodiché tra la fine del primo tempo e l’inizio del secondo gli ultras ci hanno chiesto di uscire. Io ho un ragazzo di 14 anni e siamo stati costretti a uscire. Ho cercato di spiegare loro che ero arrivato dalla Calabria, ma non c'è stato nulla da fare. Io per tutelare mia moglie e mio figlio sono andato via. Poi sono andato in un altro settore, ma non ho visto praticamente nulla perché i posti erano tutti occupati".

Le indagini

Intanto il pm Paolo Storari, che coordina le indagini condotte dalla Squadra mobile, ha disposto l’autopsia, attesa per i prossimi giorni, sul corpo di Boiocchi. Non si esclude alcuna pista, considerato il curriculum criminale di tutto rispetto del 69enne. Inquirenti e investigatori stanno sondando ogni aspetto della sua vita e dei suoi contatti: dai traffici su biglietti e parcheggi, di cui in una intercettazione si era vantato di guadagnare 80 mila euro al mese - per questo si passeranno al setaccio anche i suoi conti correnti -, allo spaccio di droga, dalle estorsioni alla connivenza prima della mala del Brenta, poi con Cosa nostra e, infine, con la 'ndrangheta. Un lungo elenco di reati per i quali ha avuto 10 condanne definitive e un totale di 26 anni e 3 mesi di carcere già espiati, a cui si aggiungono 5 anni di Daspo e una misura di prevenzione della sorveglianza speciale per altro violata l’altra sera. Il suo nome per altro è spuntato in un’altra inchiesta della Procura milanese, non ancora chiusa, che riguarda il periodo prima del Covid: è sua la voce che si sente in alcune intercettazioni ambientali da cui emergono possibili ricatti alla società nerazzurra sul business dei biglietti. Intanto prosegue l’esame delle poche telecamere della zona in cui è avvenuto l’omicidio e sono stati ascoltati una serie di testimoni, tra cui i familiari e l’amico di Boiocchi che l’altra sera lo ha accompagnato in moto a casa: l’uomo avrebbe spiegato di non aver visto nulla. Gli altri, invece, pur trovandosi in via Zanzottera, da quanto si è saputo, avrebbero visto "brandelli" della scena dell’assassinio del capo ultrà ferito a morte da due dei cinque colpi esplosi da una semiautomatica calibro 9X21, uno al fianco e l’altro al collo, da due uomini in sella a uno scooter e ai quali ora si sta dando la caccia.

 

 

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