Legambiente esprime profonda preoccupazione per la proposta di legge presentata dal Partito Democratico calabrese in Consiglio regionale, che mira all’abrogazione dell’articolo 14 della legge regionale n. 36/2024. Questo articolo introduce finalmente il divieto di realizzare impianti di produzione energetica alimentati a biomasse nei parchi nazionali e regionali con una potenza superiore a 10 MW termici, prevedendo anche il depotenziamento degli impianti già esistenti. Una misura che, seppur giudicata da Legambiente ancora insufficiente, rappresenta un primo passo importante. L’associazione, infatti, ritiene necessario estendere tale divieto a tutto il territorio regionale, vietando la costruzione o il mantenimento in esercizio di centrali a biomasse che producono esclusivamente energia elettrica. I consiglieri regionali promotori della proposta di abrogazione sostengono che tale iniziativa serva a tutelare un settore strategico per l’economia e l’ambiente regionale, citando come esempio la centrale a biomasse del Mercure, definita un modello “virtuoso” di produzione energetica sostenibile. Una tesi che Legambiente reputa surreale e priva di fondamento. Legambiente, in una nota a firma di Anna Parretta, Presidente Legambiente Calabria, e Antonio Nicoletti, Responsabile Aree Protette Legambiente Nazionale, auspica che la Regione Calabria non faccia passi indietro e prosegua nella promozione di fonti energetiche davvero sostenibili, contrastando scelte insostenibili come il mantenimento in esercizio delle grandi centrali a biomasse. Centrale del Mercure: un impianto insostenibile Legambiente ha sempre espresso un giudizio fortemente negativo sulla centrale del Mercure, sia per la sua collocazione all’interno di un Parco Nazionale e in un’area tutelata da normative comunitarie, sia per le sue dimensioni e il tipo di attività. Si tratta di un impianto da 35 MW, autorizzato durante il governo Renzi contro il parere dell’Ente Parco e in violazione di normative ambientali. La centrale utilizza legno vergine che non proviene da filiere corte locali né da foreste gestite in modo sostenibile o certificato, contravvenendo così ai principi della Strategia europea per le foreste 2030. Questa strategia punta a migliorare la qualità delle produzioni forestali, favorire l’efficienza delle filiere foresta-legno e promuovere un utilizzo sostenibile delle risorse forestali. Un sistema come quello del Mercure, che produce esclusivamente energia elettrica, è incompatibile con i criteri di sostenibilità ambientale, economica e sociale. L’utilizzo intensivo e insostenibile della biomassa contraddice gli impegni internazionali sottoscritti dall’Italia per contrastare i cambiamenti climatici, conservare la biodiversità e promuovere la decarbonizzazione dell’economia. La biomassa: risorsa sostenibile solo in un sistema a cascata La biomassa forestale può essere considerata una fonte rinnovabile e sostenibile solo se utilizzata in un modello che rispetti il principio a cascata delle risorse agroforestali. Questo significa: materie prime provenienti da filiere corte locali; utilizzo di scarti non destinabili a usi migliori; ritmi di sfruttamento inferiori al tasso di ricrescita dei boschi e delle foreste; rispettare criteri igienici e ambientali, nonché limiti alle emissioni in atmosfera. La realizzazione di impianti di grande taglia all’interno dei parchi nazionali e regionali, come il funzionamento di centrali esistenti quali quella del Mercure, contraddice palesemente questi principi e rende inevitabile la loro chiusura. Lo stesso destino dovrebbe riguardare tutte le grandi centrali a biomasse calabresi che producono esclusivamente energia elettrica. Un modello alternativo per la Calabria Il PD calabrese dimostra una visione miope sul tema delle biomasse. Per un reale sviluppo sostenibile della regione, è fondamentale promuovere un modello basato sulle agroenergie (biomasse solide, biogas, ecc.) che rafforzi i settori agricolo, forestale e zootecnico in chiave ecologica, sociale ed economica. Ciò implica: un censimento accurato delle biomasse locali (agricole, forestali, agroindustriali, urbane); la definizione di criteri per la sostenibilità degli impianti; la localizzazione di impianti di piccola scala integrati con il territorio. Bioeconomia circolare per un futuro sostenibile L’unica strada possibile per la Calabria è adottare i principi della bioeconomia circolare, che puntano alla produzione di cibo, biomateriali e bioenergia mantenendo il massimo valore delle risorse il più a lungo possibile. Ciò significa: utilizzo a cascata della biomassa; riciclo delle risorse; conservazione del capitale naturale; coinvolgimento delle comunità locali nella scelta e nella gestione degli impianti. Un modello di sviluppo eco-sostenibile, basato sulla decarbonizzazione e sulle energie rinnovabili, è l’unico capace di garantire occupazione di qualità senza compromettere l’ambiente.