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La difficoltà di essere madre "migrante": storia di Adriana, da bracciante in Calabria a colf

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Adriana è stata una operaia agricola in Calabria prima di diventare una «colf», parola che pronuncia con un mezzo sorriso: «Pulire case è un’occupazione migliore di altre. Sono stata abbastanza nell’agricoltura per rendermi conto di quanto sia difficile, come ambiente. Con il mio carattere sempre ribelle faticavo a resistere e così ho rinunciato». Adriana viene dalla Romania ed è una leader di ActionAid, oggi è impegnata a fare da facilitatrice per le altre braccianti della comunità rumena, conduce gli incontri e i laboratori dove emergono le difficoltà e le richieste delle donne, si fa portavoce delle esigenze raccolte e lavora per far affermare i diritti di lavoratrici considerate invisibili. Adriana offre una fotografia impietosa della situazione, alla vigilia della Giornata internazionale dei migranti proclamata dall’Onu per il 18 dicembre.

«Uno dei problemi di cui non si parla è quello della maternità: la gestione dei figli è davvero difficile per le lavoratrici agricole» spiega. Molestie sessuali, ricatti, paghe da fame, liste nere dei caporali sono un fenomeno radicato nell’Arco Ionico, l’area che comprende le provincie di Matera, Taranto e Cosenza. Una vasta zona del Sud Italia dove il clima e la terra fertile favoriscono le coltivazioni di ortofrutta, dalle fragole all’uva da tavola fino agli agrumi. Sono le donne a essere richieste per garantire maggiore cura per le stagioni di raccolta e lavorazione della frutta più delicata. Sono le donne, soprattutto le straniere originarie della Romania e Bulgaria, a vedere calpestati i propri diritti più elementari.

In risposta alle diverse forme di violazioni dei diritti umani delle donne lavoratrici straniere in Puglia, Basilicata e Calabria, ActionAid dal 2016 ha avviato un programma fondato sul protagonismo delle operaie agricole e sulla costruzione di risposte sostenibili alle loro esigenze, attraverso collaborazioni e responsabilità condivise delle comunità dei territori. Un impegno che coinvolge istituzioni, sindacati, associazioni locali, imprese agricole, associazioni di datori di lavoro, partner della società civile per produrre un cambiamento concreto nella vita delle donne braccianti migranti».

ActionAid ha formato 12 leader di comunità identificate tra le donne partecipanti ai percorsi di empowerment. Nei laboratori di comunità sono state messe a confronto le lavoratrici migranti con istituzioni locali, associazioni, aziende per la co-progettazione di servizi di welfare. A Schiavonea, nella piana di Sibari in Calabria, è stata attivata la Cittadella della condivisione, spazio aperto alle donne dove le leader migranti di ActionAid forniscono servizi di orientamento al lavoro, supporto all’accesso ai servizi sociali e tutela legale, mediazione linguistica.

«Quando la campagna inizia presto, alle due o alle tre di notte, prendono i bambini addormentati e, se non hanno familiari di riferimento, li portano a casa di estranee che ne accudiscono cinque, sei, o dieci nelle loro case. Li tengono fino a quando le madri non tornano a prenderli, il pomeriggio. Mandarli all’asilo non è possibile, l’orario non lo permette». In Calabria esistono gli «asili nido irregolari», servizi a pagamento, in nero, con personale senza alcuna formazione che si occupa dei piccoli fino all’arrivo dei genitori. E qualcuna si porta i figli nelle serre, facendoli dormire in «cassette» di legno. «Tanto a chi interessa dove lasciamo i nostri bambini?» chiede Adriana. «A nessuno. Non importa se li facciamo restare nei nostri paesi di origine, affidandoli ai nonni o agli zii. Non conta se ci mancano, se non li vediamo per mesi. Le braccianti sono invisibili, sono solo dei numeri. A volte devono anche rinunciare al loro nome se è difficile da pronunciare e così, per potere avere un impiego, ne trovano un altro, più facile per gli italiani». Adriana ogni giorno è impegnata a dare voce e spazio alle donne migranti, troppo spesso dimenticate.

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