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Il 2 giugno del ’46, Calabria divisa e la Repubblica "bocciata" da Vibo Valentia

L’Italia festeggia, oggi, il 74° anniversario della nascita della Repubblica. Lo fa in maniera del tutto difforme dal passato, col presidente Sergio Mattarella che a Codogno rende omaggio ai Caduti per Covid, mentre i velivoli della pattuglia acrobatica “bucano” il cielo stendendo una bandiera tricolore da Vetta d’Italia a Capo Passero quasi ad avvolgere l’intero territorio nazionale in un abbraccio ideale e dimostrare che l’Italia è una ed una soltanto nonostante tutto.

Se il 2 giugno del 1946 le cose fossero andate diversamente, oggi a guidare i festeggiamenti avremmo avuto sua altezza reale Emanuele Filiberto di Savoia, il principe ballerino di “Cantando con le stelle”. Dalle urne, però, la Repubblica è venuta fuori con due milioni di voti in più rispetto alla Monarchia scongiurando ogni rischio. Quel 2 giugno, peraltro, torna caro alle donne che per la prima volta varcarono la soglia del seggio elettorale offrendo alla scelta repubblicana un forte contributo. A votare furono in 12.998.131, mentre il sesso forte, costituito da 11.949.056 uomini, cominciò a meditare su quello che sarebbe stato il suo destino con il gentil sesso in campo. In ventuno vennero elette anche nell’assemblea costituente e cinque entrarono nella “Commissione dei 75” col compito di partecipare alla stesura della carta costituzionale. Nuove pagine di storia per una nuova Italia.

Nei fatti e misfatti del 2 giugno 1946, forse complice il Covid con i suoi “domiciliari” più lunghi di quelli comminati abitualmente ai malfattori, è andato a ficcare il naso Pino Tassi, attento studioso della storia italiana. Spulciando tra montagne di carte reperite tramite il Dipartimento degli Affari interni e territoriali, delinea un quadro chiaro dei risultati elettorali calabresi e, in particolare, di tutti i comuni del Vibonese. «In Calabria – sostiene Tassi – votarono 900mila persone; i voti validi furono 853mila, la Repubblica prese 338,959 voti pari al 39,72%, mentre la Monarchia ne prese 514.344, pari al 60,28%. E noi calabresi non fummo nemmeno i sostenitori più accaniti di casa Savoia. La Monarchia in Puglia prese il 67%, in Campania addirittura il 76%, in Sicilia il 64,7%».

Insomma, la Calabria neppure in quell’occasione sa che pesci prendere. Per meglio dire, cerca di non scontentare né il Re né la Chiesa. Gli unici con le idee chiare sono i cittadini del Crotonese, dove 21 comuni su 25 votano per la Repubblica, e quelli del Vibonese, dove il vento spira in direzione opposta portando il territorio ad essere il più monarchico della Calabria con Vibo Valentia in testa (7394 voti), seguita da Pizzo (3280), Nicotera (2842), Tropea (2795) e Mileto (2684). La Repubblica s’affermò solo a Pizzoni (743 voti contro 450) e a Rombiolo (1364 contro i 1000 del Re).

«Le ragioni della vittoria della Monarchia nel Sud Italia – spiega Tassi – sono tante: una forte presenza di interessi agrari e del latifondo, il ruolo svolto dalla chiesa a favore della Monarchia nelle diocesi e nelle parrocchie, il ruolo ambiguo della Democrazia Cristiana, che già a livello nazionale non aveva fatto una scelta di campo». Dc, che allora stravinse in Calabria portando nell’assemblea costituente 8 delegati tra cui i vibonesi Giacinto Froggio e Vito Giuseppe Galati. Un partito con un elettorato già allora dedito alla politica dei due forni in canna: con una scheda votava monarchia e con l’altra votava Dc alla Costituente. Giusto per cominciare a stare al Centro.

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