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Il governo in soccorso dei sindaci: la “Severino” andrà in pensione. Le ripercussioni in Calabria

Primo sì in Consiglio dei ministri alla riforma del Testo unico degli enti locali

La riforma del Testo unico sull’ordinamento degli enti locali potrebbe contenere una “sorpresa” gradita ai sindaci. Il governo pare infatti essersi deciso a modificare la legge Severino, la norma vista come uno spauracchio dalla maggioranza degli amministratori, che prevede l’incandidabilità, ineleggibilità e decadenza per gli eletti condannati in via definitiva e la sospensione per 18 mesi anche in caso di condanna in primo grado. In Calabria sono state diverse le “vittime” eccellenti della norma introdotta dall’allora gabinetto Monti: dall’ex governatore Giuseppe Scopelliti, ai sindaci di Reggio Calabria e Rende rispettivamente Giuseppe Falcomatà e Marcello Manna, tanto per citare gli ultimi casi eclatanti. Guardando al presente, la novità è rappresentata dalla scelta del governo di inserire la modifica della legge Severino nella riforma del Tuoel, varata in via preliminare nel Consiglio dei ministri dello scorso 7 agosto. Quello approvato a Palazzo Chigi è un disegno di legge-delega contenente i principi generali destinati a diventare efficaci attraverso i decreti legislativi. Tuttavia, una prospettiva s’intravede. Già, perché nel corpo del provvedimento è stata inserita una «revisione organica delle disposizioni in materia di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità» degli amministratori locali. Sarà l’esecutivo Meloni a dover decidere, nel giro di 12 mesi, i dettagli della misura, ma appare concreta l’ipotesi di eliminare la sospensione dei 18 mesi in caso di condanna anche in primo grado.

Scopelliti, Falcomatà e Manna tra le “vittime” eccellenti

Sono diversi i politici locali rimasti impigliati nelle maglie della legge Severino. La Calabria, a dirla tutta, è stata forse la terra dove si sono sperimentati in maniera più importante gli effetti del provvedimento che porta il nome dell’ex Guardasigilli del governo Monti. Nel 2014 l’allora presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, (esponente del centrodestra), fu condannato a 6 anni di reclusione per abuso d’ufficio e falso in qualità di ex sindaco di Reggio Calabria. Sentenza che mise in moto la procedura prevista e portò alla sospensione da governatore per 18 mesi. La sospensione effettiva da parte dell’allora premier Matteo Renzi arrivò il 3 maggio di quell’anno. La Calabria andò a voto anticipato nel novembre successivo: a prevalere fu Mario Oliverio, esponente del Pd. Stesso destino, qualche anno più tardi, toccherà ad un altro inquilino di Palazzo San Giorgio, Giuseppe Falcomatà, esponente dem, condannato a un anno dalla Corte d’appello per abuso d’ufficio e per fatti riconducibili all’attività di sindaco di Reggio. Qualche mese fa - e prima che fosse decretato lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose - era invece toccato al sindaco di Rende, Marcello Manna, abbandonare la poltrona dopo la condanna a 2 anni e e 8 mesi inflittagli a Salerno per corruzione in atti giudiziari.

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