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Calabria, l’Autonomia applicata alla sanità: salari più alti per i medici al Nord

Le “conseguenze” in caso di approvazione della riforma voluta dalla Lega

La riforma dell’Autonomia differenziata targata Lega rischia di allargare il gap tra Calabria e il resto del Paese anche sul fronte della sanità. Già, perché la «tutela della salute», almeno a leggere il provvedimento fatto circolare finora, rientra tra le 23 materie su cui le Regioni potranno, previa intesa con Roma, ottenere più margini di manovra. Così procedendo, il Ministero sarebbe relegato al ruolo di “mero controllore” tra sistemi che viaggerebbero a velocità molto differenti.
Uno dei nodi da sciogliere riguarda senz’altro le retribuzioni dei medici. Oggi i salari dei camici bianchi sono decisi - per la quasi totalità dei compensi - attraverso la contrattazione tra dicastero della Salute e organizzazioni sindacali. Solo una parte accessoria degli stipendi viene stabilita dalle singole Aziende sanitarie. Ora, se la riforma dovesse vedere la luce, lo scenario cambierebbe in maniera sostanziale. Alcune Regioni, come Lombardia e Veneto, storicamente dotate di maggiori risorse, avrebbero campo aperto nello stabilire le nuove retribuzioni dei professionisti in corsia. Si palesa, dunque, la prospettiva concreta di assistere a un “trasloco” di massa da parte di validi professionisti dal Mezzogiorno al Settentrione, attratti dalla prospettiva di maggiori guadagni e strutture all’avanguardia.

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