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Mangialavori e la mancata nomina a sottosegretario: nulla da nascondere

I sospetti sull’assunzione della figlia del presunto boss nella struttura di famiglia. "Lavora in clinica ed è una persona seria. Su di me da anni alcuni gettano fango"

Giuseppe Mangialavori

Giuseppe Mangialavori, Forza Italia pensava a lei prima come ministro, poi come sottosegretario. Alla fine è rimasto senza nulla. Rammaricato?
«Sono molto sereno e anche dispiaciuto perché è stato montato qualcosa che non esiste. Mi hanno descritto come quello che non sono. E forse questo è ciò che mi lascia di più l’amaro in bocca».
Medico, 47 anni, eletto deputato dopo l’esordio al Senato nella passata legislatura, Mangialavori ha rappresentato nelle ultime ore l’epicentro delle tensioni sull’asse Forza Italia-Meloni. Il suo nome, pur non essendo formalmente indagato, compare negli atti di un’inchiesta antimafia condotta dalla Dda di Catanzaro. Tanto è bastato per il niet della premier Meloni a un ingresso del parlamentare vibonese nella squadra di governo.
C’è chi sospetta che i veleni sul suo conto siano arrivati dall’interno di Forza Italia. Lei che idea si è fatto?
«Non so dire da dove sono arrivati, non so se è una battaglia politica, ma è facile immaginare perché tutto ciò sia accaduto».
A cosa allude?
«Gli articoli sulla stampa sono stati pubblicati nell’imminenza della mia designazione. Cos’altro aggiungere?».
Eppure nelle carte dell’inchiesta Imponimento, che ha decimato le cosche del Vibonese, si rileva come la figlia del presunto boss Anello sia stata assunta nella clinica di proprietà della sua famiglia prima delle Politiche del 2018. Tutto regolare?
«Che sia stata assunta in clinica non c’è ombra di dubbio, peraltro è un’infermiera validissima, sposata con un suo collega che lavora in un’altra struttura. È una persona seria. Forse non ha diritto a lavorare o ad avere una vita normale solo per il cognome che porta? Quanto al resto, non esiste nulla e lo dimostra il fatto che io non abbia ricevuto nemmeno un avviso di garanzia. Eppure vivo in una provincia dove negli ultimi anni ci sono stati centinaia di arresti per ’ndrangheta».

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