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Regionali Calabria, niente affondi polemici: i leader usano il fioretto

Le pagelle ai protagonisti del dibattito

Amalia Bruni, Mario Oliverio, Luigi de Magistris e Roberto Occhiuto

Nessun promosso a pieni voti. Il confronto tra i quattro candidati alla presidenza della Regione, promosso a Lamezia da Cgil, Cisl e Uil, si chiude sostanzialmente senza un vero vincitore. Senza nessun affondo polemico, la discussione è scivolata via lungo i binari del politically correct. I “fuochi”, forse, arriveranno nell’ultima settimana.

Amalia Bruni

Con tecnica quasi pedagogica prova a spiegare che il lavoro «è l’unico antidoto per spezzare la catena del bisogno che genera illegalità». C’è un’espressione che ricorre più di altre in ogni suo ragionamento: fil rouge. Tutto si tiene, per la candidata del centrosinistra (più il M5S). Dimostra, semmai ce ne fosse ancora bisogno, di essere fuori dalle dinamiche della politica intesa in senso stretto perché il tono di voce resta basso anche quando ci sarebbe bisogno di rimarcare meglio alcune posizioni.

Luigi de Magistris

A furia di proclami anti-sistema, si ritaglia con esperienza il ruolo di principale antagonista, almeno in pubblico e sotto il profilo mediatico, del forzista Roberto Occhiuto. In ogni intervento - rifiuti, acqua, legalità, territorio - fa riferimento all’esperienza decennale da sindaco di Napoli. Gioca in “casa” quando rivendica il lavoro da pm a Catanzaro: «La borghesia mafiosa, quella che ho combattuto, si nutre di denaro pubblico. Con noi alla guida della Regione si aprirà la stagione della trasparenza». Chissà se ne avrà occasione.

Roberto Occhiuto

Spende molte energie per spiegare di essere «stufo» dei commissariamenti. Annuncia, con il piglio di chi sente la vittoria già in tasca, di avere in mente un piano integrato di investimenti per rilanciare l’economia calabrese. Sul fronte della legalità rivendica l’iniziativa di aver inviato, preventivamente, le liste al vaglio della commissione parlamentare Antimafia. Tutto vero, ma manca un piccolo particolare: in lista sono finiti mogli e figli di chi sarebbe stato probabilmente classificato come “impresentabile”.

Mario Oliverio

Gira da tempo una battuta un po’ cinica, fatta circolare da chi si professava fino a poco tempo un suo fedelissimo: il crepuscolo oliveriano è rappresentato da queste Regionali. Tuttavia il vecchio leone di San Giovanni in Fiore potrebbe ancora essere determinante. Il Pd non gode di buonissima salute, i consensi drenati con la candidatura autonoma potrebbero tornare utili già a partire dalle prossime elezioni politiche. Per il resto, Oliverio si tiene alla larga, a differenza dei suoi competitor, da paragoni arditi su legalità e lotta al malaffare. L’ex governatore ritiene che la sanità sia la madre di tutte le battaglie, poi quasi in un impeto di sincerità ammette: «Ho sbagliato a non incatenarmi davanti Palazzo Chigi quando il governo decise di emanare il decreto Calabria». Un’occasione persa per rivendicare l’autonomia di un territorio troppo spesso bistrattato.

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