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Il voto in Calabria e la Costituzione, il prof. Adamo: "Garantire la campagna elettorale"

La riflessione del professor Ugo Adamo, costituzionalista dell'Unical sulle prossime elezioni regionali in Calabria e sulla necessità di garantire la campagna elettorale e il voto nel pieno della sicurezza.

Riceviamo e pubblichiamo la riflessione del professor Ugo Adamo, costituzionalista dell'Unical, sulle prossime elezioni regionali in Calabria e sulla necessità di garantire la campagna elettorale e il voto nel pieno della sicurezza.

"Il 14 febbraio 2021 era il giorno inizialmente fissato per lo svolgimento delle elezioni regionali; in seguito la data è stata posticipata al prossimo 11 aprile. In questi giorni si sta discutendo se quello indicato sarà o meno il giorno in cui il corpo elettorale calabrese potrà eleggere tanto il nuovo Consiglio regionale quanto il nuovo Presidente di Giunta. La prima domanda da porsi è su chi possa rinviare le elezioni, la seconda è se si possano rinviare e a quando. Se la risposta al primo interrogativo è più semplice, l’altra necessita di un surplus di argomentazione.

Ripercorriamo le vicende: il Governo stabiliva con proprio atto (art. 8 del decreto-legge 10 novembre 2020, n. 150), prontamente convertito dalla legge 30 dicembre 2020, n. 181, una finestra temporale per l’indizione delle consultazioni elettorali compresa tra il 14 febbraio e il 15 aprile 2021. Il Presidente facente funzioni della Regione Calabria indiceva le elezioni per la prima data utile fissandole per il 14 febbraio per poi stabilire una nuova data per il giorno 11 aprile 2021.

Il Presidente f.f. avendo già optato per l’ultima data utile non può rinviare ulteriormente, almeno fino a quando il Governo non dovesse decidere di proporre un’altra finestra entro la quale il Presidente della Giunta, sentito, fra gli altri, il Presidente della Corte d’Appello, potrà scegliere un’altra data.

Quindi, la prima decisione spetterà al Governo che, avendo ad oggi prorogato lo stato di emergenza fino al 30 aprile 2021, potrà con altro decreto-legge (possibile perché non vi sarebbe nessuna reiterazione di decreto non convertito) proporre un altro range di date, e ciò non è scontato che avvenga; inoltre, non sarebbe neanche automatico perché il rinvio delle elezioni non è avulso dalla concreta situazione epidemica, determinata ad oggi dalla cangiante (perché in costante aggiornamento) cromatizzazione delle aree regionali del nostro territorio.

Ora, la ‘colorazione’ regionale ha una incidenza sul concreto bilanciamento tra diritti (tutti eguali, perché tutti costituzionali); è la concreta fase epidemica che determina l’ingresso della Regione in una zona anziché in un’altra e che, quindi, comporta la specifica contrazione dei diritti, a tutela di quello alla salute. Tale bilanciamento non può mai implicare che l’eventuale primazia di un diritto su un altro non sia che temporanea, adeguata e proporzionale, in modo da fugare qualsiasi pretesa ‘tirannica’ di un diritto su un altro.

Detto in altro modo, la decisione sulle elezioni non dipende dalla sola discrezionalità politica ma è connessa ad un obbligo a cui dar seguito per assicurare lo svolgimento in sicurezza sia delle elezioni che della campagna elettorale che le anticipa, alla luce di un bilanciamento tra diritti tutti egualmente necessari, fra i quali rientrano anche le libertà politiche e, quindi, il diritto di voto, il diritto degli elettori calabresi di recarsi alle urne e di esprimere il loro voto libero, eguale, segreto, e, appunto, in sicurezza.

L’eventuale decisione di rinvio, ‘obbligata’ qualora il contagio dovesse essere altamente diffusivo (tanto da determinare la c.d. ‘zona rossa’), deve tenere conto di una situazione politico-istituzionale di particolare rilevanza: il Consiglio regionale versa in un regime di prorogatio ormai da diversi, troppi mesi, con la conseguenza che anche la Giunta è ‘costretta’ alla sola attività dell’ordinaria amministrazione (seppure entrambi gli organi continuino a garantire «ogni utile iniziativa, anche legislativa, necessaria a far fronte a tutte le esigenze connesse all’emergenza sanitaria»: art. 8, comma 2, d.-l. n. 150/2020). Dinanzi ad un rinvio, non si potrà che concordare con chi dovesse rilevare che le eventuali problematiche dovute alla produzione legislativa in regime di prorogatio non dipendono – sempre e comunque – da una ‘scorrettezza’ istituzionale dell’organo legislativo regionale che dovrebbe ‘frenare’ per quanto possibile la propria potestà legislativa, in quanto il Consiglio regionale rimarrebbe sciolto per un periodo talmente lungo che sarebbe difficile limitare i propri atti a quelli urgenti ed indifferibili, determinandosi una quiescenza del potere per un tempo oggettivamente dilatato. E quello che sta avvenendo e che potrà avvenire non potrà non tenere in considerazione questa circostanza fattuale.

Il rinvio dettato dalla (sola) dichiarazione dello stato di emergenza nazionale avrebbe come conseguenza quella dell’automatismo di altri rinvii fino a quando non verrà meno la dichiarazione medesima e questo, ancora a oggi, non può sapersi. Le conseguenze di tale modo di procedere sarebbero istituzionalmente destabilizzanti, e sottoporrebbero il sistema a delle tensioni partigiane, cioè di mera parte.

Tale tensione non può neanche essere fugata dalla possibilità di una modifica delle modalità di voto, ad esempio ricorrendo anche al voto per corrispondenza. Intanto bisognerebbe modificare la legge statale di principio della legislazione elettorale (materia concorrente ex art. 122 Cost.) e per poterlo fare con un decreto-legge, stante l’urgenza nel provvedere, bisognerebbe prima dimostrare che si tratta di una legislazione elettorale di contorno (in caso contrario non è possibile intervenire sulla legge elettorale con la decretazione d’urgenza); e in ogni caso il decreto-legge sarebbe comunque da convertire immediatamente in legge, non potendosi rischiare di andare a votare in base ad un decreto che poi non fosse convertito (rimane la mancanza di un obbligo di conversione ‘istantanea’).

Poi, ancora, dovrebbe intervenire, sempre a ridosso delle elezioni, una legge regionale da parte di un Consiglio che, essendo in prorogatio, dovrebbe dimostrare che si tratta di atto ‘necessario e urgente, dovuto o costituzionalmente indifferibile’; la qual cosa ci pare quanto meno difficile da dimostrare.

Tutto ciò senza prendere in considerazione che per riconoscere il voto per corrispondenza bisogna garantire interventi sul profilo della segretezza del voto. Per non dire nulla del fatto che la procedura di voto per corrispondenza avrebbe già dovuto avere inizio dovendo essa garantire lo spoglio delle ‘lettere’ nello stesso giorno in cui inizia lo scrutinio ‘ordinario’.

Del resto, non sarebbe neanche possibile, per il solo fine di velocizzare i tempi, attivare la sostituzione legislativa della Regione da parte del Governo, perché essa è esclusivamente di tipo eccezionale e inoltre non sussisterebbe alcun presupposto per la sua attivazione (ad esempio manca quello costituzionalmente necessario della tutela dell’«unità giuridica»).

L’abbondante impiego dei verbi coniugati al modo condizionale tradisce la non conformità a Costituzione di tali ipotesi. Quello che invece è possibile fare (anzi è già implicito nel sistema normativo in vigore) è specificare che l’eventuale limite di movimento tra le regioni trova una deroga per lo spostamento per motivi elettorali. Così come oggi avviene per motivi lavorativi, di residenza e di salute, lo spostamento per votare rientrerebbe tra quelli di necessità nella misura in cui si deve poter esercitare un diritto fondamentale non rinviabile, come è appunto quello di cui si tratta, una volta fissata quella e solo quella determinata data.

Ciò che dovrebbe fare fin da subito la Regione (tutta) è quella di garantire la campagna elettorale e il voto nel pieno della sicurezza (perché votare nelle scuole e non anche nei palazzetti dello sport, ad esempio?) e la sicurezza anche per chi viaggia, predisponendo tutto ciò che le misure di contenimento permettono. E questo si può fare, curva epidemica permettendo: chi scrive si è impegnato in piena pandemia in una campagna referendaria (che lo ha visto ‘sconfitto’) e ha svolto in sicurezza anche dibattiti pubblici. Certo quando si è parlato in presenza lo si è fatto dinanzi a poche persone e questo forse ha inciso sugli esiti referendari (così schiaccianti), ma questa, da sola, non è un’argomentazione che può permettere il posticipo di una consultazione elettorale che ha il fine di ristabilire la fisiologia di un sistema entrato in crisi dalla morte prematura della presidente eletta Jole Santelli.

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