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Scott Rinascita, Corrado (M5S): "Tenere il processo in Calabria"

Margherita Corrado

"Definire incresciosa l’incertezza che regna tuttora, a pochi mesi dall’avvio del maxi-processo per i rinviati a giudizio dell’inchiesta Rinascita-Scott (quella che ha sgominato il potente clan dei Mancuso e illuminato gli intrecci malavita-politica-massoneria deviata specialmente fiorenti a Vibo), sull'aula bunker che dovrà ospitarlo, è troppo poco. Come ha ricordato il procuratore Gratteri, tradendo un certo nervosismo, perchè a nessuno piace lavare i panni sporchi fuori casa, il ministero di Grazia e Giustizia è stato allertato 15 mesi fa ma non ha ancora trovato una soluzione". Lo afferma, in una nota, la senatrice Margherita Corrado (M5S), componente della commissione parlamentare antimafia. Il processo, che scaturisce da una delle più imponenti operazioni contro la 'ndrangheta, rischia di essere trasferito fuori dalla Calabria per l’assenza di una struttura capace di ospitarlo.

"Le prescrizioni di distanziamento fisico in vigore a causa del coronavirus - sottolinea Corrado - accentuano un problema oggettivo, concentrare cioè oltre 400 imputati e i loro difensori in uno spazio che non li esponga a rischi di sorta, compreso quello epidemiologico. Eppure, sembra sottintendere il magistrato simbolo della lotta alla 'ndrangheta (calabrese anche lui, per il cui il non detto conta più di ciò che esterna), l’emergenza sanitaria è solo un’aggravante: ci saremmo probabilmente trovati in queste condizioni anche senza pandemia. Mi auguro, dunque, che nessuno al ministero si permetta di indicare Covid-19 quale capro espiatorio, perchè con ogni evidenza la disfunzione è nel sistema, non indotta dall’emergenza".

"È naturale, anzi - prosegue la parlamentare - chiedersi quante volte al giorno il dott. Gratteri debba domandarsi se lo Stato non si aspetti o addirittura pretenda che, oltre a farsi carico della identificazione dei criminali, della raccolta delle prove dei loro reati, dell’emissione delle relative ordinanze di custodia cautelare, il procuratore li porti a casa con sè tutti quanti, nel momento in cui, generando con il lavoro della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro la necessità di celle per la reclusione di centinaia di individui o di un’aula bunker per processarli, finisce per essere lui, Gratteri, il granello di sabbia che fa inceppare definitivamente un ingranaggio già compromesso".

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