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Regionali in Calabria, la carica dei 300: obiettivo battere l'astensionismo

Sono stati presentati i 303 candidati a presidente della Regione Calabria e le liste degli aspiranti consiglieri regionali in vista delle elezioni del 26 gennaio. Quattro gli aspiranti governatori: Jole Santelli, sostenuta dal centrodestra con sei liste (Fratelli d'Italia, Forza Italia, Santelli presidente, Udc, Lega e Casa delle Libertà); Pippo Callipo per il centrosinistra, con quattro liste (Pd, Io resto in Calabria, Democratici Progressisti e, ancora sub-judice 10 idee per la Calabria); Francesco Aiello, sostenuto dal M5S e dalla lista "Calabria civica- Liberi di cambiare", e Carlo Tansi, ex responsabile della Protezione civile regionale.

Scelti i candidati e definite le liste, adesso il grande interrogativo è il seguente: quanti calabresi si recheranno alle urne? Già, perché al netto delle simpatie politiche, è il crollo di partecipazione democratica alle chiamate elettorali lo spettro che più di tutti dovrebbe preoccupare partiti e movimenti.

La crisi dei partiti tradizionali, intesi come soggetti capaci di catalizzare il consenso politico, ha prodotto come diretta conseguenza una partecipazione al voto sempre più bassa e meno significativa: alle elezioni regionali del 2005, il dato di affluenza dei calabresi si è attestato al 64,4 per cento.

Nel 2010 l'andamento negativo si è consolidato con “solo” il 59,2 per cento di calabresi che si sono recati ai seggi. Quattro anni più tardi, la partecipazione degli elettori all'appuntamento elettorale ha vissuto il suo minimo storico: soltanto il 44,07 per cento ha deciso di esprimere il diritto al voto.

Un dato allarmante se confrontato al 2005: in soli 9 anni, l'affluenza si è ridotta di ben 20 punti percentuali. Adesso si attende di capire se l'appuntamento in programma domenica 26 gennaio farà segnare un'inversione di tendenza oppure confermerà che la crisi di sistema non è stata ancora superata. E sarà interessante poi confrontare il dato con quello che verrà fuori dall'Emilia Romagna, altra regione al voto il 26.

A quelle latitudini la partecipazione popolare è sempre stata più alta rispetto alla Calabria e in quest'occasione gli assetti politici sono stati definiti con largo anticipo rispetto alle scadenze indicate dalle norme in vigore. È evidente come i partiti, intesi nella loro forma tradizionale, a queste latitudini ormai non esistano più.

Ridotti ad agglomerati di potere con scarso appeal nella società, le formazioni politiche hanno perso quel ruolo di intermediazione tra il centro e la periferia. Fino a qualche anno fa la Calabria mediava i propri interessi con Roma attraverso un sistema consolidato: Governo e partiti concedevano piccoli pezzi di potere ai rappresentanti calabresi che lo gestivano facendo entrare in collegamento i cittadini con le istituzioni.

Le dinamiche di queste ultime settimane hanno dimostrato che ormai quel sistema non esiste più. I vertici nazionali dei partiti incidono sulle scelte dei calabresi senza tenere più conto dei gruppi dirigenti locali. E le defenestrazioni di Mario Oliverio a sinistra e di Mario Occhiuto a destra sono lì a confermare tale fenomeno.

Se fino a poco tempo fa la Calabria barattava con Roma segmenti di potere in cambio di consensi, adesso anche questo schema pare definitivamente saltato. Un bene? Un male? Il dibattito sulla questione è aperto e variegato. Certo è che le conseguenze di questo quadro sono sotto gli occhi di tutti: si va sempre più allargando il divario tra chi sceglie realmente e chi con quelle decisioni dovrà fare i conti quotidianamente.

C'è da augurarsi che il dibattito finora assorbito dal toto-candidature possa lasciare spazio ai programmi concreti e a un confronto reale sulle cose da fare. Lavoro, sanità, infrastrutture, legalità sono i temi più avvertiti come priorità dalle persone senza particolari interessi in politica. Ora, è probabile che lunedì 27 gennaio la Calabria si ritrovi con un presidente eletto da una minoranza.

Se così fosse, quale forza e credibilità avrebbe un presidente rispetto alla necessità di far camminare questa terra? Sono domande che i protagonisti della contesa dovrebbero iniziare a porsi. Continuare a fare finta di nulla potrebbe creare i presupposti per l'affossamento definitivo di una terra già alle prese con mille emergenze.

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