A dieci giorni dalla presentazione delle liste, la griglia dei candidati a governatore ancora non è stata definita. Un (triste) record per una Calabria che stancamente si avvicina alla data delle elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale. In questa scialba, confusa, asfittica fase di trattative emergono alcuni dati significativi.
Il più evidente: i partiti, intesi nella loro forma tradizionale, a queste latitudini ormai non esistono più. Ridotti ad agglomerati di potere con scarso appeal nella società, le formazioni politiche hanno perso quel ruolo di intermediazione tra il centro e la periferia.
Fino a qualche anno fa la Calabria mediava i propri interessi con Roma attraverso un sistema consolidato: Governo e partiti concedevano piccoli pezzi di potere ai rappresentanti calabresi che lo gestivano facendo entrare in collegamento i cittadini con le istituzioni. Le dinamiche di queste settimane - il commissariamento del Pd e di Mario Oliverio, le scelte sul centrodestra suggellate in un pranzo ad Arcore tra i leader - suggeriscono che ormai quel sistema non esiste più.
I vertici nazionali dei partiti incidono sulle scelte dei calabresi senza tenere più conto dei gruppi dirigenti locali. È la conferma, qualora ce ne fosse ancora bisogno, della progressiva marginalizzazione della Calabria all'interno dello scacchiere nazionale. Senza gruppi dirigenti locali riconosciuti qui e al di fuori dai confini regionali, Roma è stata costretta a passare dall'egemonia al dominio.
Con conseguenze sotto gli occhi di tutti: si va sempre più allargando il divario tra chi sceglie realmente e chi con quelle decisioni dovrà fare i conti quotidianamente. Il 26 gennaio andrà al voto un'altra Regione: è l'Emilia Romagna. In quel territorio i candidati da settimane stanno girando in lungo e in largo il territorio per esporre il proprio programma. Lì il voto segnerà l'esito di orientamenti formati sulla base concrete.
Qui da noi, invece, di cosa si parlerà? Il dibattito finora è stato completamente assorbito dal gossip sul toto-candidature. Proposte per affrontare le emergenze aperte - lavoro, infrastrutture, ambiente e legalità, tanto per citare le più inflazionate - manco a parlarne. C'è da chiedersi quanto potrà influire questo scenario sul dato della disaffezione degli elettori. È probabile che la mattina del 27 gennaio la Calabria si ritrovi con un presidente eletto da una minoranza.
Se così fosse, quale forza e credibilità avrebbe un presidente rispetto alla necessità di far camminare questa terra? Sono domande che i protagonisti della contesa dovrebbero iniziare a porsi. Dopo che si è già realizzata una rottura sentimentale tra elettori ed eletti, sarebbe davvero grottesco se anche chi si candida a rappresentare bisogni ed esigenze facesse ancora finta di nulla.
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