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Decreto Calabria, le strutture sanitarie private protestano a Roma

Oggi la discussione al Senato per la conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 30 aprile 2019, n. 35, sulle misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria che riguardano anche il servizio sanitario nazionale.

Sul decreto, fortemente contrastato e in parte modificato alla Camera, è in atto a Roma una manifestazione di protesta che coinvolge anche le strutture private accreditate, preannunciata nei giorni scorsi dal senatore forzista Marco Siclari, il quale si dice "fiducioso che il ministro Grillo riceverà una delegazione" dei manifestanti.

Siclari si appella Governo affinché modifichi il decreto «a favore dei cittadini e dei più bisognosi» ma sullo sfondo è in atto un braccio di ferro che vede tutte le opposizioni contrastare il nuovo assetto prefigurato dal provvedimento, che di fatto toglierà alla politica e in particolare ai presidenti delle Regioni commissariate il potere di nomina dei manager delle Aziende sanitarie e ospedaliere con tutto ciò che ne consegue in termini di "fabbrica del consenso" elettorale.

Sotto accusa, soprattutto da parte delle imprese del settore, anche la norma che esclude la Stazione unica appaltante dalla gestione degli appalti per le forniture, che dovranno essere gestite dalla Consip oppure ricomprese nelle gare bandite da altre regioni. Una norma che ha sollevato un vespaio soprattutto tra le piccole e medie imprese calabresi.

La conversione in legge del decreto dovrà avvenire entro il primo luglio, ed è molto attesa in particolare per la previsione, all'interno del provvedimento, di una norma "sblocca assunzioni". Dal decreto dipende anche la nomina, da parte del governo, dei nuovi commissari delle Aziende ospedaliere e sanitarie calabresi, che tanto ha fatto discutere alla Camera e addirittura indotto la deputata Dalila Nesci a dimettersi da relatrice del provvedimento.

"No allo svilimento del lavoro di migliaia di operatori sanitari che lavorano nelle aziende calabresi"  e "No all’ennesimo corpo inferto ai servizi sanitari della regione Calabria". Con questi slogan hanno dato vita a una protesta in piazza Montecitorio a Roma i circa 250 lavoratori
della sanità privata calabrese accreditata aderenti alle associazioni di categoria Federlab (l'Associazione di Categoria maggiormente rappresentativa dei Laboratori di Analisi Cliniche e dei Centri Poliambulatori) e Anisap, Federazione Nazionale delle Associazioni Regionali o Interregionali delle Istituzioni Sanitarie Ambulatoriali Private.

«Abbiamo letto il Decreto Calabria - spiega Alessia Bauleo, responsabile di Federlab Calabria- e abbiamo scoperto che non c'è niente per la Calabria. Non si parla della questione principale della sanità calabrese: il mancato raggiungimento dei livelli minimi di assistenza. La Calabria è al minimo storico. In particolare questo è particolarmente evidente nel settore della specialistica ambulatoriale, settore fondamentale per la prevenzione e come tale andrebbe potenziato. Esami di laboratori analisi, tac, ecografie, radiografie, per cui vi sono liste di mesi e anche di anni in Calabria. In questa situazione il problema non viene affrontato. Vengono consolidati i tagli già presenti nei precedenti commissariamenti, in particolare quello di Scura. Dove sta il cambiamento? Noi vogliamo che il decreto venga riformulato».

«Siamo in piazza per la sopravvivenza - aggiunge Genanfio Lamberti, presidente Fedelab - perché le strutture non possono sopravvivere quando negli ultimi quattro anni hanno avuto una decurtazione di più di un terzo dei fondi, da 66 miLioni e mezzo a 44 milioni». Ha espresso solidarietà alla protesta anche l’Ordine dei biologi. «Oggi tanti colleghi sono in piazza - rileva Pietro Sapia, consigliere nazionale  dell’Ordine dei biologi- è un obbligo per noi cercare di portare istanze a favore di questi colleghi»

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