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Guccione sulla sanità in Calabria: "Il decreto non risolve i veri problemi del settore"

Il consigliere regionale Carlo Guccione

«Se dovessero essere vere le indiscrezioni sulla bozza del Decreto speciale sulla sanità calabrese, ci troveremo di fronte a un atto che, sostanzialmente, va nella direzione di un mero spostamento dei residui poteri in capo alla Regione al commissario Saverio Cotticelli e al sub commissario Tommaso Schael. Con disposizioni che di fatto non andrebbero a risolvere le criticità della sanità calabrese. Ci saremmo, invece, aspettati un cronoprogramma definito per dare attuazione ai Decreti, come quello numero 64/2016 sulla riorganizzazione della rete ospedaliera e della rete emergenza-urgenza». È quanto ha affermato il consigliere regionale Carlo Guccione che ha inviato una lettera al ministro della Salute Giulia Grillo, al commissario ad acta per la sanità Saverio Cotticelli, al sub commissario Thomas Schael, al dirigente generale del Dipartimento tutela della salute e politiche sanitarie Antonio Belcastro.

Una lettera in cui emerge la «drammatica situazione economica, gestionale, finanziaria e patrimoniale del servizio sanitario regionale».

«Siamo al limite del rispetto di tutti quei parametri necessari a garantire che le prestazioni sanitarie e i Livelli essenziali di assistenza siano effettuate in sicurezza e nel pieno rispetto delle normative. In queste condizioni il rischio è che in tutte le attività ospedaliere degli Spoke e degli Hub della provincia di Cosenza, non vengano rispettati – scrive il consigliere Guccione - i requisiti organizzativi, tecnologici e strutturali definiti dalla Legge Regionale n° 24 del 18 luglio 2008, novellata dalla Legge n° 81/2016. In particolar modo, la carenza del personale in servizio (medici, infermieri, ausiliari) farebbe già venir meno i criteri organizzativi previsti dalla normativa e non verrebbe garantita la sicurezza dei pazienti».

Nelle scorse settimane il consigliere regionale Carlo Guccione ha chiesto ai commissari dell’Azienda Ospedaliera e dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza, i dati relativi ai posti letto per acuti che risultano attualmente attivati negli ospedali Hub e Spoke in base al Dca numero 64/2016.

«Se confrontiamo i dati dei posti letto degli ospedali Spoke di Cetraro-Paola, Castrovillari e Rossano-Corigliano e dell’ospedale Hub di Cosenza – spiega nella lettera il consigliere regionale -, emerge che su un totale di 1465 posti letto per acuti assegnati dal DCA 64/2016 del Commissario per l’attuazione del Piano di Rientro, quelli che sono stati effettivamente attivati sono soltanto 1091. Mancano, dunque, 374 posti letto per acuti. Un dato enorme e che deve far riflettere. Analizzando questi numeri è come se fosse stato cancellato uno dei tre ospedali Spoke della provincia di Cosenza da 374 posti letto. Numeri che mettono in discussione non solo i Livelli essenziali di assistenza ma anche il diritto alla salute definito dalla Costituzione come diritto essenziale dell’individuo».

«È grave che a disattendere le norme in materia sanitaria siano proprio le istituzioni pubbliche. Ed è ancora più grave che questo avvenga in un settore dove è in gioco la salute e la vita dei cittadini. Appare irragionevole – afferma Carlo Guccione - che nella nostra Regione vengano disattese e non applicate le norme commissariali (decreto 64/2016) che dettano la riorganizzazione ospedaliera; questo accade senza che nessuno intervenga per richiamare le istituzioni competenti all’applicazione e alla realizzazione di quanto previsto».

«Risulta evidente che gli interventi necessari siano urgenti e non rinviabili. Anche alla luce della recente costituzione dell’Azienda Unica di Catanzaro - frutto dell’integrazione dell’azienda ospedaliera Pugliese e il policlinico universitario Mater Domini - si proceda, dunque, con celerità – sostiene il consigliere Carlo Guccione - a un processo di riforma e a un nuovo assetto istituzionale-organizzativo che tenda alla nascita di un sistema ospedaliero per acuti. La riforma dovrà prevedere, su base provinciale, lo scorporo degli ospedali Spoke dalle Asp di Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria, per essere integrati alle Aziende Ospedaliere delle rispettive province. Tutto ciò favorirebbe un’integrazione più efficace dei percorsi e delle reti clinico-assistenziali tese a garantire un miglioramento complessivo in termini di efficienza, continuità assistenziale, sicurezza, qualità e sostenibilità economica dei servizi. Questa riforma rappresenterebbe il primo passo per far uscire la sanità calabrese dalle innumerevoli criticità che affliggono la nostra regione».

A tutto ciò bisogna poi aggiungere la drammatica situazione finanziaria del sistema sanitario. «Le Asp sono assediate da un contenzioso che cresce a vista d’occhio a causa anche di un circolo vizioso costituito da ritardi nei pagamenti, decreti ingiuntivi, pignoramenti. La Regione paga, ad esempio, milioni e milioni di euro all’anno per interessi legali. In seguito a una mia richiesta al direttore generale dell’Asp di Cosenza, di fornire una dettagliata documentazione sul contenzioso – spiega Carlo Guccione -, in uno dei documenti consegnatomi il responsabile dell’ufficio legale dell’Asp, avv. Giovanni Lauricella, ha ammesso che “non è in grado di fornire ad oggi un dato non contestabile sullo stato del contenzioso dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza”.

Contenzioso che potrebbe essere di molto superiore alla stima: se si sommassero le cifre vincolate presso il Tesoriere e i pignoramenti, il contenzioso in essere arriverebbe alla considerevole cifra di euro 783.947.089,32. Cifra che potrebbe superare oltre il miliardo di euro. Decine di milioni di euro, finalizzati a garantire i Livelli essenziali di assistenza e le prestazioni sanitarie dei cittadini dell’Asp di Cosenza, sono stati invece utilizzati per pagare parcelle, interessi di mora e pagamenti doppi e/o tripli di una stessa fattura».

«C’è poi un altro capitolo da non sottovalutare: lo stato del patrimonio immobiliare – puntualizza Carlo Guccione nella lettera indirizzata al ministro Grillo, al commissario Cotticelli, al sub commissario Schael e al direttore generale Antonio Belcastro - delle Aziende Sanitarie Provinciali e Aziende Ospedaliere della Regione Calabria. Ci sono centinaia di beni mobili e immobili, di proprietà pubblica e dal valore che supera un miliardo e trecento milioni di euro, che rischiano di passare in mano ai privati per negligenza e/o omissioni da parte dei direttori generali del sistema sanitario succedutisi nel tempo.

Un paradosso, visto che le aziende ospedaliere e sanitarie incassano un milione di fitti attivi e ne spendono sei per fitti passivi; un quadro preoccupante nella gestione delle proprietà delle Asp e AO non utilizzate ai fini sanitari, che rischiano di diventare da bene pubblico a bene privato».

«Casi eclatanti sono già avvenuti. Due sentenze emesse dal tribunale di Palmi, una nell’anno 2014 e una nel 2016, hanno sancito – viene spiegato nella lettera - il passaggio di proprietà per usucapione (su terreni per un complessivo di 73.440 metri quadri, dal valore di bilancio complessivo omesso) dalla Asp di Reggio Calabria a soggetti privati.

In particolare, si legge nella sentenza n.1/2016: “Giova peraltro osservare che dopo la sua costituzione in giudizio l’Asp di Reggio Calabria non ha svolto più alcuna attività difensiva a sostegno della tesi sostenuta in comparsa sicché, in assenza di adeguate allegazioni difensive e di idonei mezzi di prova diretti a smentire quanto sostenuto dagli attori, la domanda proposta da questi ultimi va senz’altro accolta”.

Ma tanti altri giudizi sono ancora in corso: spesso nonostante le Asp e AO fossero a conoscenza dell’altrui impossessamento del bene, non hanno sollevato alcuna opposizione nei confronti del possessore.

Inoltre, tali “distrazioni” – afferma Carlo Guccione - potrebbero determinare ulteriori cause di perdita patrimoniale, che lo stesso Ente potrebbe subire per il realizzarsi delle condizioni che hanno già permesso a terzi l’esercizio del diritto di usucapione.

Nell'Azienda Sanitaria di Vibo Valentia tutti i contratti di locazione tranne uno risultano scaduti. Il caso più eclatante è il fitto di un fabbricato di 75 metri quadrati il cui canone di fitto annuo è di 49,60 euro. In questa fattispecie il dirigente preposto si è limitato a scrivere: contratto “stipulato oralmente”.

Questi sono solo alcuni casi tesi a dimostrare la gestione poca oculata del patrimonio. È necessaria una vera e propria operazione di legalità e trasparenza per impedire che una parte di patrimonio pubblico passi in mani private».

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