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Cassano, ricorso bocciato: il comune resta sciolto per infiltrazioni mafiose

Il Comune di Cassano resta sciolto per infiltrazione mafiosa. Il Tar del Lazio ha rigettato il ricorso presentato dall’ex sindaco Gianni Papasso insieme ai consiglieri comunali Filena Alfano, Antonio Clausi, Elisa Fasanella, Francesco Giardini, Giuseppe Graziadio, Felicia Laurito, Antonio Lonigro, Antonio Martucci, Lino Notaristefano, Gaetano Scarano, e agli assessori Ercole Cimbalo, Rossella Iuele, Alessandra Oriolo e Angela Salmena, contro la presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero degli Interni, Prefettura di Cosenza e nei confronti del Comune di Cassano per l’annullamento del decreto del Presidente della Repubblica che ha sancito, lo scorso novembre, lo scioglimento degli organi elettivi del Comune per infiltrazione mafiosa.

Nella sentenza pubblicata ieri, la corte (composta da Ivo Correale, presidente facente funzione, Roberta Ravasio, consigliere, Lucia Maria Brancatelli, primo Referendario ed estensore) ha smontato punto per punto le motivazioni presentate dall’ex sindaco Gianni Papasso e da ex assessori e consiglieri comunali. Per i magistrati si evince un quadro consistente di parentele e frequentazioni, che risulta particolarmente significativo quanto meno in relazione alle figure di un consigliere di minoranza e dell’ex presidente del consiglio. In ordine alla posizione di Papasso, i giudici spiegano che, effettivamente, la sola partecipazione al funerale di uno stretto parente, ritenuto contiguo a una famiglia criminale, non è un dato in sé sufficiente a dimostrare la capacità delle organizzazioni malavitose di condizionare l’operato del primo cittadino.

Va rilevato, però, come tale circostanza non assuma valore centrale nella relazione prefettizia, ove emergono numerosi altri fattori, tutti sufficientemente indicativi di anomalie e irregolarità nell’azione del Comune, ascrivibili a condizionamenti da parte del tessuto criminale presente nel territorio. Quanto alla “pratica Maritato” il collegio ha rilevato che la ricostruzione operata dalla Prefettura non è affetta da travisamento dei fatti e si basa su diversi indizi, tutti correttamente ricostruiti e dai quali emergerebbe un condizionamento del consiglio comunale determinato dalla criminalità organizzata. Altri elementi che sono in grado di dimostrare l’esistenza di tale condizionamento, secondo la corte, sono le ulteriori irregolarità registrate dalla commissione di indagine in relazione alla erogazione di contributi assistenziali e alla gestione del fenomeno dell’abusivismo edilizio e degli appalti pubblici, oggetto di critica nei successivi motivi di impugnazione.

Infine, vengono in considerazione le anomalie riscontrate nella gestione degli appalti. Importante, dunque, il lavoro presentato dalla triade commissariale che amministra l’Ente cassanese dopo lo scioglimento del consiglio comunale. I viceprefetti Mario Muccio e Roberto Pacchiarotti e la dirigente di prefettura Rita Guida s’erano costituiti in giudizio proprio per produrre una serie di atti. I magistrati hanno anche specificato che, ai fini della trattazione della controversia, non avrebbe assunto carattere pregiudiziale l’esito del procedimento di incandidabilità degli amministratori responsabili delle condotte causative dello scioglimento.

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