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"E sembrava un gioco", ma era una dipendenza fatale. Il nuovo singolo di Alma Manera

“E sembrava un gioco”. Invece si è rivelata una dipendenza, qualcosa che entra da fuori e ti conquista, ti sequestra. Diventa prigione. «Il pensiero rallenta, il cuore fa male, Dio come fa male. Voi brava gente che prendete per dormire? A vent’anni non si dorme per sognare».

“E sembrava un gioco”, il nuovo singolo di Alma Manera, edito da Regina Produzioni e Comunicazione e Miseria e Nobiltà, prodotto da Aurelia Film u.s.a e Regina Produzioni e Comunicazione e distribuito da Believe Digital), questo è. «Una riflessione profonda tra il bianco e il nero dell’esistenza, tra la forza della vita e le umane debolezze di una società distratta e giudicante, in cui ci si parla addosso e non si ascolta, mentre gli eccessi prevalgono sui valori». È «una metafora e un'invettiva», il dialogo soprannaturale di una donna che sta morendo, che è pentita, che ha coscienza del massacro. «Affronta la tematica della droga e di ogni forma di dipendenza patologica, portando a riflettere senza moralismi sul valore della vita».

Il brano era lì, nel cassetto da lunghi anni. Scritto da sua madre, Maria Pia Liotta (con Lella Galli e la stessa Alma), doveva uscire prima, ma è rimasto riservato. «Poi, un giorno l’ascoltò don Pierino Gelmini (il fondatore della Comunità Incontro), che si occupava di riabilitare alla vita. Disse che avrebbe meritato il palco di Sanremo e segnò passaggi del testo che gli piacquero. Lui andò oltre, a capire che non c’era pretesa di risoluzioni né propaganda».

Lo spunto per riarrangiarlo è arrivato dalla notizia di una giovane donna vicina a quella comunità. «Maria Chiara compiva 18 anni quando, proprio per quel compleanno, il fidanzato le regalò la dose di eroina che l'ha uccisa. Per gioco le regalò la morte. La droga è morte. Attimi artefatti di gioia e sballo che ricade in profondo down».

Musicalmente s'ispira al tango nuevo «con le sue leve, le forze contrarie, la spinta di un corpo contro l’altro che crea la dinamica del movimento, in una danza tra bene e male, tra sogno e incubo. Senza conformarsi all’effimero». Anche il video, che vanta la partecipazione di Roberta Beccarini e Cleonice Gioia (regia e montaggio di Maurizio Sacco e Alma Manera) rappresenta visivamente la dicotomia tra «la vita che vuole allontanare la morte e la morte che arriva a prendersela o a toglierla la vita».

Alma Pierino Gelmini (al quale questo pezzo è in qualche modo dedicato) lo conobbe grazie ad un altro don, Antonio Tarsia. «Gli disse di me e lui mi volle conoscere. In comunità mi usava come juke box. Mi faceva chiamare con gli altoparlanti, mi voleva con lui sull'altare, mi chiamava “la sacerdotessa". Lui usava la musica e le arti non solo per intrattenere, piuttosto per coinvolgere, per motivare. La forza della musica è terapeutica e la forza della vita è nella risalita. Don Gelmini lo sapeva e lo ripeteva: siate forti, siate chiari, siate liberi!».

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