Quella frattura storica che separa le due Italie non si è mai rimarginata. Il Nord è vivo, è ricco e s’ingrassa. Il Mezzogiorno, invece, cresce più lentamente. Quaggiù, la povertà si fa materia solida in mezzo ai terremoti sociali che stanno svelando rapidamente nuove miserie. Prima il Covid e adesso la crisi energetica e quella del lavoro hanno riconfigurato i recinti delle periferie sociali del Sud. Ogni giorno cresce il numero di persone schiacciate dal disagio che non è più anonimo perché sta diventando fenomeno di massa. La disoccupazione nel Mezzogiorno è qualcosa di più di un’emergenza. Ed in Calabria diventa un male incurabile che sta divorando in fretta interi pezzi di società.
Senza lavoro
I tradizionali report statistici continuano a sovrapporre immagini sfocate di questa nostra terra che rotola inesorabilmente verso il baratro. L’Inps ha certificato i nuovi passi in avanti della disoccupazione nella regione che dal 14,6% del 2022 (in Italia era dell’8,1%) è salita al 15,9% nel 2023 (mentre la media nazionale è scesa al 7,7%). I senza lavoro ufficiali in Calabria, nel 2023, sono 102mila, un dato che è calcolato nella popolazione di età compresa tra i 15 e i 74 anni. E la mancanza di occupazione sta facendo dilatare i confini dell’indigenza. Volti e biografie degli ultimi non sono più esclusivamente quelli tradizionali perché, accanto ai miserabili cronici, quelli che vivono per strada, sono sprofondati nella miseria nuovi e insospettabili profili sociali.
Maglia nera Ue
La conferma, arriva dal sigillo della statistica. Eurostat proprio di recente ha messo in guardia l’Italia: la Calabria è la regione Ue dove quasi una famiglia su due convive con l’incubo della povertà ed esclusione. Esattamente, il 48,6% dei calabresi è a rischio. Un dato che fa riferimento al 2023. Lo stesso studio fissa anche la media europea attorno al 21%. Il declino è confermato dai numeri: nel 2022 il rischio povertà ed esclusione qui era “solo” del 40%. Ma è tutto il Sud che si trascina. Alle spalle della Calabria ci sono le “solite” regioni: Campania col 44,4%, Sicilia con il 41,4% e Sardegna con il 32,9%. Vola, invece, l’Italia che si estende da Roma in su con la Provincia autonoma di Bolzano (5.1%) e l’Emilia Romagna (7,4%) che guidano le terre del benessere. Uno squarcio che rischia di ampliarsi con l’arrivo dell’autonomia differenziata.
Famiglie
L’Istat, proprio nei giorni scorsi, ha aggiornato il limite di sopravvivenza in riferimento al numero di componenti della famiglia. Le difficoltà aumentano col crescere del numero dei figli. Ogni discendente alza la soglia di povertà. E al Sud, il confine di reddito di una famiglia nella quale ci siano tre o più figli minori, l’incidenza di povertà relativa è passata, addirittura, dal 39,3% del 2022 al 50,5% del 2023. Disagi che finiscono per condizionare, inevitabilmente, la vita che si trasforma in un viaggio tra le dune delle disuguaglianze. Differenze che dilatano le sacche della povertà. E, spesso, un lavoro non è sufficiente a mantenersi a galla perché a dividere Nord e Sud ci sono anche i redditi. La Cgia nelle scorse settimane aveva messo in fila le regioni italiane per retribuzioni. La regina è la Lombardia con un reddito annuo lordo che in media vale 28.354 euro all’anno. Ultima, la Calabria con la metà: 14.960 euro all’anno. E l’autonomia differenziata non si è ancora messa al lavoro.
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