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Calabria zona rossa, Cgil-Cisl-Uil: "Tutti colpevoli, tutti responsabili"

"Infuria in queste ultime 24 ore la polemica sulla decisione assunta ieri sera dal ministro della salute, Roberto Speranza, di annoverare la Calabria fra le Aree geografiche ad alto rischio per quanto riguarda l’emergenza sanitaria da COVID-19. La Calabria dichiarata zona rossa e assimilata, dunque, a Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta, Regioni in cui gli indicatori del contagio, dei ricoveri e dei decessi restituiscono l’idea di una situazione pandemica decisamente e realmente più preoccupante rispetto a quella registrata alle nostre latitudini. E i dubbi che hanno assalito fino all’ultimo istante il Governo nazionale sull’opportunità o meno di classificare la Calabria “zona rossa” la dicono tutta sulla natura e sulle ragioni che hanno indotto, alla fine, i ministri competenti a optare per la chiusura totale della nostra Regione". Lo scrivono in una nota congiunta i Segretari generali regionali della FP Cgil Alessandra Baldari, della Cisl FP Luciana Giordano, della Uil FPL Elio Bartoletti.

"Motivi certamente non ascrivibili alla velocità di diffusione del contagio in Calabria quanto piuttosto al legittimo dilemma sulla capacità del sistema sanitario calabrese di riuscire a garantire un’adeguata risposta in termini di terapia intensiva in caso di aumento dei pazienti con complicazioni. Vista l’incapacità registrata fino a oggi di implementare - prosegue la nota -, fino a raddoppiare, i posti letto di terapia intensiva e sub intensiva, di allestire e predisporre specifici Reparti da dedicare ai pazienti Covid, di far funzionare le USCA, di sfruttare le opportunità (anche assunzionali) e di utilizzare le risorse finanziarie offerte dai Decreti Cura Italia, Rilancio, Agosto e dai successivi provvedimenti normativi. Ed ecco che prende subito il via l’ormai usuale carosello che vede il mondo della politica insorgere dialetticamente contro questa scelta ritenuta ingiusta e prodigarsi nel tentativo di individuare i responsabili di questa ennesima umiliazione che la Calabria è costretta a subire. Mentre monta (a ragione) l’indignazione della società civile e della cittadinanza tutta!"

"Non fa piacere affermare “ve lo avevamo detto, lo avevamo previsto”. No, non è affatto gratificante per le Categorie del pubblico impiego di CGIL, CISL e UIL della Calabria dover rammentare che, prima ancora che questo ostinato virus piegasse al suo passaggio e alla sua persistenza i Sistemi sanitari più evoluti, le scriventi Segreterie regionali avevano reiteratamente chiesto con insistenza di porre fine allo sperpero, alla malagestione, all’inconcludenza di una conduzione della sanità, a tutti i livelli, che stava rovinosamente spingendo il nostro SSR verso il baratro. FP CGIL, CISL FP e UIL FPL Calabria - prosegue la nota - si erano assunti l’onere di presentare una compiuta e organica proposta di riorganizzazione di tutta la Rete sanitaria territoriale e ospedaliera e dell’Emergenza Urgenza in occasione della proclamazione degli Stati Generali della Sanità calabrese del 9 maggio 2019. Una proposta apprezzata da tutti, compreso lo stesso Commissario ad acta per il piano di rientro ma rimasta lettera morta. E non è servito a nulla neanche il forte pressing sindacale realizzato pure nel periodo del primo lockdown, nella primavera scorsa, dalle Federazioni del pubblico impiego unitamente alle Confederazioni di CGIL, CISL e UIL, culminato nella manifestazione tenutasi alla Cittadella regionale lo scorso 8 luglio, per far comprendere sia al Governo regionale sia alla Struttura commissariale che bisognava sfruttare la tregua concessa dal virus durante la stagione estiva per preparare la sanità calabrese ad affrontare una prevedibile (stavolta si) recrudescenza del contagio da COVID-19. E i fondati timori erano stati rappresentati anche al ministro Speranza nel corso dell’ultimo incontro al Ministero della Salute".

"In questo contesto, gli operatori sanitari continuano a combattere (ora più di prima) la loro battaglia per fermare l’avanzare della pandemia nei confini calabresi, senza una cabina di regia che coordini il loro lavoro, con gli scarsissimi mezzi a disposizione, esponendosi a continui contagi e senza aver avuto neanche quella gratificazione economica (indennità Covid) sovvenzionata dal Governo nazionale, sempre per l’indolenza della classe dirigente e politica.  A causa di questa evidente mancanza di volontà di adempiere ai propri doveri istituzionali di una classe dirigente e politica, che adesso grida allo scandalo, i calabresi dovranno rispettare un nuovo lockdown (che avrebbero potuto evitarsi) con conseguenze devastanti per la già precaria e fragile condizione della struttura economica della nostra Regione.
Ecco perché per questa meritata “zona rossa” - conclude la nota delle sigle sindacali - dovuta non alla forza del virus, ma all’inerzia di chi avrebbe dovuto alzare gli argini per fronteggiare l’onda che pur non avendo le dimensioni di uno tsunami in Calabria, procura l’asfissia del sistema sanitario fragile e claudicante le cui conseguenze investono lavoratori sanitari e cittadini. Tutti sono, pertanto, parimenti colpevoli e responsabili!".

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