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Nick Vallelonga torna a casa, nella sua Calabria

Masterclass del premio Oscar italoamericano a Catanzaro per il Magna Graecia Film Festival. Lo sceneggiatore vuole girare un film

C’era una volta l’America dei reietti, discriminati per il colore della pelle o per le origini “straccione”. Allora i neri e gli immigrati italiani, soprattutto del Sud, erano un tutt’uno nell’immaginario di un Paese sedotto dal successo e dal mito di un eterno primato. O forse c’è ancora, quell’America. Di certo c’è chi la racconta, sottraendola alla retorica e agli stereotipi. Come Nick Vallelonga, lo sceneggiatore italoamericano di origini calabresi premio Oscar 2019 per "Green Book", che ieri a Catanzaro nell’antico Chiostro del San Giovanni ha tenuto la prima masterclass del Magna Graecia Film Festival spiegando, nei fatti, come si può trasformare una storia familiare in un’epopea di antieroi.
Lui stesso molto diretto e antidivo, minimalista nel parlare di sé e del suo percorso di scrittore del Bronx che a diciott’anni inizia una carriera sempre più ispirata ai temi sociali, sfiora con elegante modestia la sua inarrestabile ascesa di “demiurgo” dei testi cinematografici più acclamati dalla critica e amati dal pubblico per l’impatto profondo del messaggio.
Espressivo soprattutto nello sguardo e nei gesti, colpisce per quella sua aria empatica e affidabile da gigante buono. Protettivo, quasi paterno, si racconta senza mai accennare al suo magistrale talento nell’affondare le mani nel grumo oscuro dell’odio razziale, che ancora oggi offusca con eclatanti episodi l’immagine del sogno “a stelle e strisce”.
Fulcro tematico della masterclass, scelta dal direttore artistico del Festival, Gianvito Casadonte per aprire la serie degli incontri con i big internazionali, ovviamente è stato “Green Book”: il film, memorabile e geniale, costruito sul complesso rapporto di lavoro e amicizia fra il pianista nero Don Shirley e il suo autista Tony Vallelonga, interpretati rispettivamente da Mahershala Ali e Viggo Mortensen. Il primo, straordinario musicista, subisce atroci umiliazioni nel clima mefitico del razzismo anni Sessanta; il secondo, prima distante e scettico, diventerà via via ammiratore e amico dell’artista, fino al commovente finale improntato all’altro grande archetipo di Vallelonga: la famiglia e il recupero di identità e radici.
«Avevo pensato per il personaggio di Tony a un attore italiano», confessa lo sceneggiatore al pubblico del Mgff, per poi ammettere quanto in realtà l’interpretazione di Mortensen sia stata grandiosa, tenuto conto, peraltro, che anche ne “Il Padrino” Marlon Brando è tutt’altro che siciliano. Nick Vallelonga è infatti il figlio del personaggio interpretato da Viggo Mortensen (Tony “Lip” Vallelonga) nel film di Peter Farrelly che ha conquistato tre Oscar (di cui due allo stesso Nick come sceneggiatore e produttore) e tre Golden Globes.
Nick Vallelonga, che è anche attore e regista, ha accennato ai “Soprano” di cui suo padre, Tony Lip, è stato una delle colonne, prima di ispirare il protagonista di “Green Book”, annunciando un imminente prequel della celebre serie.
Ha anche anticipato che scriverà per Mediaset la sceneggiatura della storia di Lucky Luciano, personaggio nelle sue corde artistiche, visto che la mafia è uno dei sui filoni elettivi.
Famiglia, italianità, radici. Nick porta lo stesso nome del nonno emigrato, anche lui immortalato e interpretato dal figlio Rodolfo/Rudy (il fratello di Tony Lip che ha invece il volto di Frank Vallelonga). Non a caso il Premio Oscar ieri mattina ha voluto visitare il piccolo borgo di Vallelonga, meno di ottocento abitanti nel vibonese – accompagnato dal sindaco Abdon Servello, dallo stilista Domenico Vacca e dal direttore del festival Gianvito Casadonte – per scoprire le origini dei propri nonni. Una grande emozione: «Sono davvero felice – ha detto – ho respirato tanto amore, devo dire grazie al Festival per questa opportunità unica. Ho pensato di girare il mio prossimo film proprio qui».
Corsi e ricorsi impensabili, scritti nel destino di una famiglia calabrese emigrata nel Bronx.

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