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La Calabria è "Regina" nel film del catanzarese Alessandro Grande

E’ stato proiettato ieri per la prima volta “Regina”, il primo lungometraggio scritto e diretto da Alessandro Grande. Il film del regista catanzarese, già vincitore del David di Donatello 2018 con il corto “Bismillah”, con cui ha rappresentato l’Italia agli Oscar 2019, è l’unico film italiano tra i dodici in concorso nella selezione ufficiale al 38° Torino Film Festival, dove è passato ieri. La storia d’un profondo rapporto tra una figlia e un padre (lei aspirante musicista, lui ex musicista) che un giorno cambia, quando durante una gita in barca sul lago trovano il cadavere d’un sub. Dopo la proiezione abbiamo raggiunto Grande per una chiacchierata (che potrete trovare anche in un video disponibile sul nostro sito QUI).

Di cosa parla “Regina” e com’è nata l’idea del film?

«Regina è un film drammatico che segue la storia di una ragazzina di quindi anni molto legata al padre, ex musicista che fa il manutentore in un albergo. Con lui dovrà affrontare un gradissimo problema: un evento tragico rivoluzionerà completamente il loro rapporto e inizierà un iter molto travagliato tra i due. È un romanzo di formazione, è un film sul conflitto generazionale giocato sul terreno del senso di colpa e dell’incapacità di prendersi responsabilità. Dunque un padre immaturo e una figlia che si sente priva di punti di riferimento. Per scriverlo ho indagato, ho letto, ho studiato. Tra le altre cose, un saggio dello psicanalista Massimo Recalcati, sul “Complesso di Telemaco”, che mi ha consentito di approfondire e dare molte sfaccettature ai personaggi. Nel racconto c’è quindi una figlia che è alla ricerca del padre e della figura paterna e un padre che cerca di diventare uomo».

Per i protagonisti ha scelto il già famoso Francesco Montanari per il ruolo del padre e la giovanissima Ginevra Francesconi per la figlia. Perché proprio loro due e qual è stato il percorso di costruzione dei personaggi?

«Con gli attori con cui ho lavorato mi è sempre piaciuto esplorare mondi nuovi: Francesco Montanari è conosciuto soprattutto per ruoli da duro, ma è una persona con una grandissima sensibilità per cui mi è sembrato doveroso costruire su di lui un personaggio che gli consentisse di esprimere sensazioni e sentimenti diversi, più dolci. Ginevra, invece, in questa sua prima esperienza da protagonista assoluta ha avuto la possibilità di esplorare molte corde dell’anima. E lo ha fatto con delicatezza e professionalità. Ho apprezzato tantissimo la sua forza di volontà nel prepararsi: nel film è una giovane cantautrice, per interpretare il ruolo ha preso lezioni di canto e di chitarra per un anno. È stata scelta in una rosa di oltre 500 aspiranti protagoniste e sono felice della scelta».

Sui social network e nelle uscite pubbliche sia Francesco Montanari che Ginevra Francesconi sottolineano spesso il tipo di rapporto che si è creato sul set tra di loro e con lei. È la testimonianza del suo approccio personale e diretto quando dirige un film.

«Credo che questo sia un aspetto fondamentale: il regista non crea solo nuovi mondi, ma nuove vite e quindi è importante farlo comportandosi quasi da “psicologo” per far sì che gli attori riescano a tirar fuori tutte le sensazioni che il regista vorrebbe far emergere da un personaggio. La riuscita del film dipende da questo tipo di lavoro, per me è quindi impossibile prescindere dal seguire questa impostazione».

Molti i sentimenti esplorati nel film a cui ha fatto da cornice la Calabria. Ma in un modo differente da quello che ci si aspetta: senza stereotipi, con “Regina” ha portato sullo schermo la Calabria “normale”...

«I personaggi sono due “persone normali”, non sono due eroi. Era quindi fondamentale centrare questa normalità: per farlo mi è venuto del tutto spontaneo e naturale girare il film in una Calabria lontana dagli stereotipi del sole, del mare e delle case incomplete. Quella montana, con il suo clima rigido, è una Calabria che non tutti conoscono: è quello che volevo perché fosse in linea con la storia e coi personaggi. Il film è girato in Sila, tra San Giovanni in Fiore, Lorica e Cotronei, nella Calabria dei laghi, quasi una Calabria “Nord europea”. Alcune scene sono state girate a Catanzaro e a Cosenza».

Nel film, a proposito di Calabria, c’è il cameo di Dario Brunori. «Sì, nel primo contatto telefonico Dario ironicamente mi ha detto che non avrebbe potuto partecipare al film perché io sono di Catanzaro e lui è di Cosenza. Ci siamo presi subito in simpatia e il suo contributo è stato per me molto importante, per questo lo ringrazio. È un’eccellenza non solo calabrese, ma nazionale».

L’emergenza sanitaria in corso ha complicato, purtroppo, i piani previsti per la distribuzione. «Avremmo dovuto essere nelle sale proprio nel periodo del festival di Torino. Adesso però è impensabile prevedere qualsiasi tipo di operazione. Di sicuro dovremo farci trovare pronti appena ci sarà l’occasione di poter distribuire il film nelle sale. L’auspicio che mi faccio è che il film possa avere sì un percorso nei festival ma anche uno nelle sale italiane».

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