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Scappare da un destino criminale si può

Chi nasce e cresce in un ambiente permeato dalla cultura di 'ndrangheta può costruirsi un futuro diverso? In una comunità di Reggio Calabria, sotto la guida del giudice Roberto Di Bella, presidente del tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria, quattro giovani sperimentano una strada alternativa alla criminalità e “Parola d'onore”, documentario della regista reggina Sophia Luvarà, ne racconta la vita. “Parola d'Onore”, coproduzione Olanda-Italia, secondo lungometraggio di Sophia Luvarà dopo “Inside the Chinese Closet” dedicato all'omosessualità in Cina, verrà presentato oggi, nell'ambito della 16. edizione di “Biografilm Festival”, festival cinematografico internazionale interamente dedicato alle biografie e ai racconti di vita, in concorso nella sezione “Biografilm Italia”. Il festival, in programma dal 5 al 15 giugno, è visibile gratuitamente sulla piattaforma MyMovies.it.

Sophia nasce in Calabria e si trasferisce a Torino a 18 anni, dove si laurea con lode in Biotecnologie Mediche all'Università di Torino, dopo un dottorato di ricerca sul cancro, nel 2007 decide di lasciare la carriera di ricercatrice e si trasferisce a Londra, dove si dedica completamente alla sua passione: il cinema documentario, per raccontare storie, attraverso immagini e testimonianze. L'incontro col giudice Di Bella - che allontanando i figli dei mafiosi dalle loro famiglie offre un'alternativa di vita diversa, autore con Monica Zapelli del volume “Liberi di scegliere”, anche titolo di una fiction Rai - ha dato l'avvio ad un percorso lungo, durato 4 anni, che ha permesso alla regista di tornare nella sua terra d'origine e accedere in maniera esclusiva al lavoro svolto dal giudice e alla vita dei ragazzi durante il loro percorso rieducativo per sfuggire ai pericolosi meccanismi della criminalità organizzata.

Pierpaolo, Simone, Bader e Reda portano con sé il peso di un crimine commesso e stanno scontando la loro pena nella Comunità Ministeriale del Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria sotto la sorveglianza continua e attenta degli operatori della Comunità Ministeriale - che hanno offerto un aiuto prezioso a Sophia Luvarà durante il lavoro per la realizzazione del documentario -, direttamente collegata con il Tribunale per i Minorenni.

Serve uno sguardo delicato, attento, non giudicante per creare fiducia e ascolto e per dare vita ad una narrazione che non spettacolarizzi la vita dei protagonisti ma diventi occasione per raccontare le ferite che la violenza lascia nell'animo dei giovani. Le lezioni di teatro che i ragazzi seguono all'interno della struttura con l'attore e regista messinese Angelo Campolo rivestono un ruolo centrale per permettere loro di guardarsi dentro ed aprirsi, attraverso il testo teatrale di Romeo e Giulietta, la storia di due famiglie rivali che combattono per i propri interessi portando alla morte i propri figli.

L'articolo nell'edizione di oggi della Gazzetta del Sud

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