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A Reggio Calabria, “lifting” tecnologico per il Kouros del 500 a.C.

Un sorriso misterioso, un viso enigmatico, un corpo di candido marmo dell’isola greca di Paros. Questi i tratti salienti dell’affascinante Kouros, la preziosissima statua, risalente al 500 a.C. circa, custodita al Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria.

L’opera d’arte è al centro di un complesso intervento di studio e di conservazione tutt’ora in corso, reso possibile da “Restituzioni”, il progetto promosso e curato da Intesa Sanpaolo per la conservazione e la valorizzazione dei beni artistici del nostro Paese. «Dopo il successo ottenuto dalla Testa del Filosofo nel concorso ArtBonus promosso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, un altro capolavoro del MArRC vive un rinnovato splendore: il Kouros di Reggio». Così esordisce il direttore Carmelo Malacrino presentando il delicato e certosino lavoro di analisi e ripulitura in corso di realizzazione ad opera di un pool di esperti in forza a palazzo Piacentini.

Con grande sensibilità la Fondazione bancaria sostiene, per la quarta edizione consecutiva, le attività di restauro del Museo reggino, che anche quest’anno si svolgono in un cantiere aperto nello spazio di Piazza Paolo Orsi. Ancora una volta – dopo gli interventi già sostenuti da Intesa Sanpaolo con i restauri del grande mosaico rinvenuto a Reggio nel 1922, del “Cavaliere di Casa Marafioti” e della “Testa di Porticello” - l’austero scrigno cittadino, custode delle più sacre memorie antiche e identitarie, manifesta tutta la propria capacità di coniugare patrimonio archeologico, ricerca scientifica e promozione culturale pur nei limiti degli spazi, delle risorse finanziarie e, nelle ultime settimane, delle prescrizioni anticontagio.

Con queste iniziative si mira a sostenere interventi specifici e al tempo stesso promuovere la fruizione e la valorizzazione dei beni, con l’organizzazione di allestimenti temporanei e la pubblicazione di cataloghi utili a divulgare i risultati conseguiti con gli interventi realizzati.

Dicevamo del pool di esperti: l’intervento, promosso dal direttore in persona, è stato affidato all’impresa “Sante Guido – Restauro di opere d’arte”, sotto la direzione dei lavori di Barbara Fazzari, funzionario restauratore assieme a Virgilio Vecchio e Irene Spuri, e con il supporto tecnico-scientifico dell’architetto Elena Nicolò e dell’archeologa Daniela Costanzo.

Competenze diverse e complementari che come un’equipe chirurgica si stringono intorno al “caruso” (diretta evoluzione siciliana del termine greco) di venticinque secoli fa per un lifting ipertecnologico.

La direttrice Fazzari ha così descritto l’intervento: «La fase preliminare ha previsto una campagna diagnostica di carattere non distruttivo, mediante indagini multispettrali e osservazioni al microscopio digitale portatile, cui è seguita un’accurata documentazione fotografica dell’opera. Sono stati, quindi, realizzati dei tasselli per la determinazione del livello di pulitura ottimale, finalizzata principalmente alla rimozione dei depositi più o meno coerenti che nel tempo si sono stratificati sull’opera, offuscandone la superficie. Le operazioni di pulitura sono state effettuate impiegando metodologie già largamente sperimentate per la pulitura dei marmi antichi, basate sul criterio del minimo intervento: in particolare, mediante l’applicazione ad impacco di soluzioni acquose, si è ottenuta una graduale solubilizzazione delle sostanze da rimuovere. La pulitura è stata coadiuvata da un laser a luce pulsata a bassa intensità, così da minimizzare il rischio per l’integrità dell’opera».

Un intervento complesso e innovativo che ha anche travalicato i confini del Museo e ha rappresentato un ideale ponte culturale con un’altra istituzione cittadina, il dipartimento PAU dell’Università Mediterranea con il quale il MArRC ha stipulato un accordo di collaborazione scientifica.

Il restauro del Kouros è stato l’argomento al centro della tesi di laurea dell’oggi dottore Fabio Destefano.

Al termine dei lavori, previsto per la prossima estate, il Kouros potrà continuare a sorridere ancora a lungo, indifferente alle vicende umane che si svolgono fuori dalle sicure mura del museo. Quante epidemie perniciose ben più gravi del coronavirus, quanti sovvertimenti sociali e mutazioni politiche si sono succeduti in questi 25 secoli?

Se imparassimo a guardare alle vicende umane transitorie col medesimo distacco che traspare dai lineamenti aggraziati del giovane efebo, probabilmente ne acquisteremmo in serenità di spirito e vivremmo di conseguenza meglio.

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