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“Come una madre”, ascolti record per una storia tra fiaba e road movie: set anche in Calabria

Una storia drammatica che esalta la generosità e la caparbietà femminile, per la nuova fiction di Rai1, che domenica ha debuttato con un ascolto record di 5,12 milioni di spettatori (21,63% di share), consacrandosi come programma più visto nella prima serata televisiva.

“Come una madre” di Andrea Porporati mostra già il suo punto di forza nel coniugare le bellezze selvaggie della nostra penisola, tra cui una Calabria dai paesaggi variegati, con le trame di una vicenda che già lascia col fiato sospeso nel seguire la fuga ”on the road” di Angela (Vanessa Incontrada), con i piccoli Bruno (Tancredi Testa) e Valentina (Crystal Deglaudi), figli di una vicina di casa, Elena (Eleonora Giovanardi), uccisa da misteriosi assassini.

In tre prime serate – prodotte da 11 Marzo Film e Rai Fiction col sostegno di Calabria Film Commission – le molte sfaccettature della storia emergono gradualmente, assieme a forti tematiche sociali e sentimentali, e troveranno nelle scene girate a Tropea, Parghelia, Pizzo, Briatico, Monasterace, Gerace e Pentadattilo un alleato prezioso. Lo conferma anche il produttore della serie Matteo Levi che nella regione del Sud ha individuato quella varietà paesaggistica indispensabile ai complessi intrecci della storia: «La diversa morfologia della costa ionica e tirrenica della Calabria, assieme alla professionalità dello staff della Calabria Film Commission offrono ai cineasti la possibilità di realizzare un prodotto bello e di qualità. E questo è un motivo di forte attrattiva per noi produttori».

Nel cast anche Giuseppe Zeno, Sebastiano Somma, Katia Ricciarelli, Luigi Diberti, Simone Montedoro e l’attore messinese Ninni Bruschetta. Ne abbiamo parlato col regista Andrea Porporati.

Nei tuoi lavori come regista e sceneggiatore hai affrontato spesso vicende drammatiche, ma la storia di Angela ha un taglio molto particolare, tra fiaba e road movie.Come è nata?

«È nata dal film dello scorso anno, sempre con Vanessa, “I nostri figli”, storia vera di una famiglia di Senigallia che ha adottato i tre figli di una cugina morta per femminicidio. Quella vicenda mi ha fatto riflettere sull’ampio contenuto della “maternità”, come funzione esercitata nei confronti dei figli naturali, ma anche come atto del prendesi cura di quelli di un’altra donna, facendoli propri. E mi è rimasta dentro la voglia di raccontare quel sentimento con una storia di fantasia. La serie è anche una vicenda d’avventura sull’Italia, una “road series”, in cui i protagonisti, fuggendo, attraversano l’Italia da Nord a Sud, si movono lungo un Paese che non è quello delle strade principali, ma delle periferie e delle campagne; un Paese inedito che si rivela bellissimo e nuovo per i personaggi e, spero, anche per il pubblico».

Quali le peculiarità della Calabria come set? Quali sono le sue potenzialità cinematografiche?

«Le due coste della Calabria, belle e diverse tra loro, ci hanno dato la possibilità di alternare gli sfondi, con la parte tirrenica, rocciosa e a picco sul mare, e quella ionica fatta di spiagge grandi, con un litorale immenso. Credo sia una terra dalle potenzialità enormi, perché ha una luce straordinaria e mette insieme un territorio multivariegato, con mare, entroterra e montagna, come la Sila, dove girai “La luna e il lago”».

Nei tuoi film l’impegno sociale e civile è sempre in primo piano, con tematiche come l’immigrazione in “Lamerica”, scritto per Gianni Amelio, o il femminicidio nello stesso “I nostri figli”. Quale registro narrativo si adotta per storie del genere?

«Nel caso di film ispirati a fatti veri come “I nostri figli” si adotta uno stile realistico perché si narra un’epopea del quotidiano. Quello che negli anni ho scoperto tipico del mio modo di raccontare è il fatto di dare la priorità a ruoli di personaggi bambini, perché ritengo che lo sguardo dei bambini sia adatto a riportare le storie in modo limpido e semplice, non semplicistico. La presenza di piccoli attori non professionisti aiuta lo sguardo del regista ad andare all’essenziale . Questo elemento di semplicità si potrebbe smarrire inseguendo questioni narrative più astratte e intellettualistiche».

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