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Dalla Calabria alla Cina, Marco Lupis racconta le sue foto

iornalista, fotoreporter, scrittore, Marco Lupis, calabrese che dopo aver girato il mondo è tornato a vivere a Grotteria, vicino Serra San Bruno, è stato corrispondente e inviato speciale in particolare in America Latina e in Estremo Oriente per le maggiori testate giornalistiche italiane e corrispondente del Gruppo Espresso-La Repubblica da Hong Kong. La sua lunga esperienza in zone di guerra è raccontata in “Interviste del Secolo Breve” (del Drago, 2017, tradotto in sette lingue), “ll Male inutile” (Rubbettino, 2018), gli anni in Estremo Oriente in “Cristo si è fermato a Shingo (Oriente Estremo/2)” e l'ultimo, da poco in libreria, “I Cannibali di Mao - la nuova Cina alla conquista del Mondo”, (Rubbettino), analisi lucida ma anche diario di viaggio in una terra lontana e ricca di fascino, impreziosito dalle fotografie sulla Cina che cambia, realizzate da Giorgio Perottino.

Ma perché “I Cannibali di Mao”?

«Nel 1996 scrissi sul Corriere della Sera un articolo divenuto piuttosto “famoso”, che spiegò, forse per la prima volta al pubblico italiano, che i comunisti in Cina mangiarono effettivamente i bambini, ma non per “ideologia”. Si verificarono, come documentano gli storici, alcuni terribili episodi di cannibalismo, legati alla folle politica del “Grande Balzo in avanti” voluto da Mao e alla terribile carestia che ne seguì».

Articoli, reportage, racconti, tra geo-politica e diario di viaggio. Come nasce?

«Il libro ripercorre la mia storia di corrispondente in Cina dal 1995, quando vi venni mandato per Panorama, con base a Hong Kong. Si divide in due parti: la prima, intitolata - provocatoriamente - “Quando i comunisti mangiavano i bambini” riferisce del mio lavoro, della mia vita e dei miei viaggi da corrispondente attraverso la Cina nel periodo 1995-2005. Ma è anche la storia del viaggio esteriore e interiore, mio e della mia famiglia e in particolare di mia figlia Caterina, nata proprio a Hong Kong, che ho rischiato di perdere nei primi mesi di vita e oggi ha 18 anni. Per questo ho pensato di tornare laggiù insieme a lei lo scorso settembre, per ripercorrere la nostra storia e scrivere di come sia cambiata la nuova Cina nella seconda parte del libro: “Non ci sono più i comunisti di una volta”».

Quali le sensazioni dei primi anni a Hong Kong?

«Incredibili, irripetibili. Come racconto nel libro, si atterrava ancora al vecchio aeroporto di Kai Tak infilato in mezzo ai grattacieli popolari del quartiere di Mongkok. Di quell'alba nebbiosa e umida di fine novembre del 1995 ricordo l'enorme Boeing della Cathay Pacific che si tuffava a capofitto tra le case, puntando alla pista cortissima, che finiva dritta in mare, nella baia. E a volte nella baia qualche aereo ci finiva. Solo un paio di anni prima del mio arrivo si verificò un famoso incidente. Un Boeing 747-400 della China Airlines non riuscì a frenare dopo l'atterraggio, percorse tutta la pista e rimase in bilico con il muso infilato nell'acqua e la coda sollevata in aria. Per fortuna senza troppe conseguenze per i passeggeri terrorizzati. In verità, quello tra me e Hong Kong non si può definire un amore “a prima vista”. Ricordo come fosse adesso che, mentre il bus mi portava all'albergo, in quell'alba umida e soffocante, stordito dal lungo volo e dal fuso orario mi sorpresi a pensare che forse non era stata poi questa grande idea l'essermi cacciato in quella specie di megalopoli cinese, che mi appariva lurida, grigia e, soprattutto, sovraffollata. Tutto è cambiato in un attimo. E oggi, per me, Hong Kong è “Casa”!».

Un paese dalle molte contraddizioni. Come definiresti oggi la Cina?

«È davvero molto difficile, per noi occidentali, comprendere e definire la Cina, una civiltà plurimillenaria, evoluta, con una storia di grandi invenzioni, scoperte, potenza militare, a tratti raffinatissima. A volte una storia con atti di violenza inimmaginabili, come per esempio la violenza delle Guardie Rosse di Mao contro chi non si piegava ai diktat del Grande Timoniere. Ma nell'insieme un grandissimo Paese, non solo in termini numerici e di estensione territoriale. Diversissimo da noi, ma non certo inferiore. Tutt'altro».

L'Occidente è preparato a confrontarsi con la nuova grande Cina (che peraltro oggi festeggia in pompa magna il settantesimo anniversario della fondazione della Repubblica popolare)?

«Non credo, e il senso del libro sta tutto nel titolo: la Cina è ancora “cannibale” in modo differente; ci sta divorando attraverso l'economia e il danaro. Nella seconda parte del libro, parlo, ad esempio, della Cina che si è comprata l'Africa, del perché di un “Partito unico” al governo che si dice sempre “comunista” (credo di essere il primo ad avere coniato il termine “comunismo 2.0”), del predominio nell'ambito dell'ingegneria genetica e dell'intelligenza artificiale, del controllo pervasivo sui cittadini esercitato attraverso sistemi avanzatissimi e invasivi di riconoscimento facciale, droni-spia».

Nel volume dai conto anche di un particolare legame che ha unito saldamente la Calabria col “Regno del Dragone”, puoi raccontarci qualcosa?

«Ho dedicato alcuni capitoli finali a due figure di straordinari missionari e martiri nati nella mia Calabria, tra Locride e Piana: Padre Filippo Antonio Grillo da Oppido Mamertina e il Beato Camillo Costanzo da Bovalino. Eccezionali figure di cristiani, poco note o addirittura quasi dimenticate, che seguendo quel filone aperto da Padre Matteo Ricci, hanno cercato, spesso a prezzo della loro stessa vita, di evangelizzare due tra i popoli secondo me più restii al mondo al messaggio evangelico: cinesi e giapponesi. Padre Grillo morì in un letto di ospedale a Shanghai mentre il Beato Costanzo venne martirizzato sull'isola di Hirado in Giappone, dopo aver trascorso la sua vita a Macao. Un intero capitolo è dedicato alla straordinaria figura di esploratore, viaggiatore e scrittore ineguagliabile, che mondo ci invidia e in Calabria, e in Italia, ben pochi conoscono: Giovan Francesco Gemelli Careri, da Taurianova: il primo uomo a fare il giro del mondo. Semplicemente incredibile!».

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