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La morte di Camilleri, cordoglio nelle vie di Capistrano: aveva scritto un libro sul paese

La notizia della morte di Andrea Camilleri si sparge subito per le vie di Capistrano, dove lo scomparso scrittore è ritenuto un quasi “paesano” e, comunque, un amico dei Capistranesi per avere sposato la storia renoiriana della pittura murale esistente nella chiesa matrice, meglio conosciuta come “affresco” del “Battesimo di Gesù nel fiume Giordano”, con rifacimento del 1881 attribuito al grande impressionista Pierre Auguste Renoir (1840-1919).

Camilleri dedicò alla questione un suo libro “Il cielo rubato – Dossier Renoir”, Editore Skira, 2009, sostenendo che la località del piccolo paese di montagna dove Renoir “rifece” gli affreschi “sia proprio Capistrano”, demolendo “il parere decisamente negativo di un eminente critico e storico d’arte (Maurizio Calvesi, nel 1993) il quale “aveva dichiarato perentoriamente assurda l’attribuzione a Renoir, sostenendo che si trattasse "di volgare crosta del Settecento”.

Camilleri aggiunge anche che “l’illustre storico sbaglia di un secolo, perché è storicamente provato che la chiesa venne rasa al suolo dal terremoto del 1783 e che gli affreschi furono eseguiti nel quinquennio 1812-1817 dal curato don Coda e, in tempi successivi, ad opera del parroco don Domenico Manfrida”.

Non solo, ma il famoso scomparso scrittore, nel documentare che Renoir venne in Calabria una sola volta, demolisce anche l’assurda ipotesi stranamente avanzata (da tale La Serra) che Renoir, rientrando dall’Algeria, sia ritornato in Capistrano una seconda volta, nel maggio 1882, per “rifare gli affreschi”, perché dimostra che dall’Algeria, dove era andato a curarsi i postumi di una polmonite, rientra direttamente in Francia, da dove “In Italia ritornerà per l’ultima volta nel 1883 con Monet, ma senza spingersi oltre Genova”. Circostanza confermata anche da Jacques Renoir, pronipote del grande pittore, quando nel 2017, per visitare i luoghi e l’affresco rifatto dal bisnonno, soggiornò a Capistrano, dove, com’è noto il famoso impressionista fece una tappa intermedia quando da Napoli si recò a Palermo per fare il ritratto al musicista Wagner, su invito del prete capistranese don Giacomo Rizzuti (1820-1905) conosciuto a Napoli.

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