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La Calabria come luogo dell'eterno, intervista al regista di Polistena Mimmo Calopresti

Mimmo Calopresti

Mimmo Calopresti, il giorno dopo la prima. Il regista originario di Polistena ha addosso l'entusiasmo degli applausi nel Teatro Antico, dove è stato presentato in anteprima il suo film “Aspromonte. La terra degli ultimi”, evento speciale del 65. Taormina FilmFest. «Il pubblico ha percepito l'anima popolare di questo lavoro, storia di persone semplici che hanno poesia e verità interiore, un modo di essere che non si dimostra, ma è. Ho voluto esprimere un concetto di verità, la verità di quel modo di vivere ad Africo negli Anni 50».

Ho definito il suo film un “c'era una volta in Calabria”: si riconosce?

«Sì, non solo per il riferimento a una grande pellicola della storia del cinema, ma perché evoca la parte epica del mio film. Lo ritengo un aspetto importante, perché oggi non sembra esserci più tempo per queste cose. I rapporti sono troppo veloci, invece io ho raccontato Africo come luogo dell'eterno, dove ci sono esseri umani che vivono la loro grandezza. “C'era una volta” significa che dobbiamo ricordare, pensare ai nostri padri. La storia del film è più importante del suo autore».

In un certo senso, riscoprire un diverso modo di vivere, come fa nel film la maestra che viene da Como (Valeria Bruni Tedeschi)?

«Viene per insegnare e per imparare. Il suo personaggio (ispirato a Umberto Zanotti Bianco) scopre qualcosa di una vita che avrebbe voluto vivere e che non sapeva ci fosse. “Terra degli ultimi” non significa terra di sfigati, ma di gente che ha qualcosa da dire. Non sanno di essere poveri, lo scoprono dalle prime inchieste giornalistiche. Possiamo dire che vivono ancora in bianco e nero, ma per loro la vita ha un senso compiuto».

Dove ha girato il film?

«Non abbiamo potuto farlo ad Africo perché il paese vecchio è abbandonato da troppo tempo e le case non sono utilizzabili. Il nostro set principale è stato a Ferruzzano, un altro posto abbandonato ma più facile raggiungere. È un posto bellissimo, con uno splendido panorama sul mare, è assurdo che non ci sia vita».

Infatti il suo film serve anche per la realtà di oggi.

«Certo, serve per fare esistere un mondo che viene negato. Il simbolo della strada che vogliono costruire i personaggi indica ancora oggi una mancanza di comunicazione, sia nel senso di potersi muovere sia nel senso di sapere che un'altra vita è possibile. Oggi questa battaglia per esistere è ancora persa, ma è da combattere».

Si dice che i giovani sono interessati a un ritorno alla terra.

«Confermo. Nella zona di Africo ho incontrato ragazzi che vogliono “rimettere i piedi nella terra”. Sono figli di emigrati, che hanno riscoperto la Calabria; sono figli di persone al 41 bis, ai quali non interessa il modo di vivere dei loro padri. Spero che siano aiutati nei loro progetti e che il mio film serva anche a questo».

Come ha scelto i tanti ragazzini che recitano nel film?

«Sono stato aiutato da Lele Lucera, attore che ha recitato in un mio film e che adesso lavora per le troupe che riscoprono la regione. Con lui sono entrato nei bar, ho camminato nelle strade di molti paesi, ho parlato con i ragazzi, ho cercato di capirli. Poi abbiamo scelto e li abbiamo convocati, molti avevano i tagli di capelli ispirati ai calciatori. Ho detto ad alcuni di accorciare, ad altri di allungare e mi hanno guardato strano. Però, al contrario dei loro coetanei delle grandi città, hanno ancora lo sguardo aperto. C'è una sovrastruttura omologante che nega la vera bellezza. Loro se ne sono liberati e sono stati bravissimi. Come tutti gli attori e le comparse, hanno sopportato indomiti le sette ore a lavorare a piedi nudi nel fango. Sono felice che siano venuti tutti a Taormina».

Lei è riuscito a far recitare bene Elisabetta Gregoraci. Come ha fatto?

«Ho tirato fuori la calabrese che è in lei. E poi è diventato tutto facile. Sono contento di averla scelta. Ha visto come gli altri attori, da Fonte a Colella e Leonardi, sono stati bravi? Tutti calabresi».

Il progetto del film è andato avanti velocemente.

«Da quando ho fatto leggere al produttore Fulvio Lucisano il libro che è alla base del film, “Via dall'Aspromonte” di Pietro Criaco, tutto si è svolto in maniera accelerata. Credo che aspettasse l'occasione di fare un film così, sulla “sua” Calabria».

Lucisano, 91 anni, che per la prima volta ha anche recitato («anch'io ho ceduto alla vanità»), rivendica la sua partecipazione alla sceneggiatura. «Io sono cresciuto a Roma, ma mia nonna era di Santo Stefano d'Aspromonte e parlava un dialetto strettissimo».

Un film bellissimo, ma non facile da circuitare.

«È vero, perciò ho deciso di distribuirlo in prima persona dal 17 ottobre. Le richieste sono buone. E poi io ho le mie sale: a Roma, Napoli, Brindisi, Benevento, Cosenza. Ci sono già le vendite all'estero: Spagna, Grecia, Medio Oriente».

Ha tante sale, ma non a Villa S.Giovanni, da dove proviene la sua famiglia.

«Non me ne parli, io vorrei unire lo Stretto col cinema. Da anni chiedo di gestire il pilone di Messina, ne farei un posto unico al mondo, collegato con Villa San Giovanni, dove all'imbarcadero aprirei una grande sala. Ma non riesco ad avere risposte serie».

Staseraal Teatro

Stasera al Teatro Antico (dalle ore 20,45) Taormina FilmFest avrà un ospite d'eccezione: il regista americano Oliver Stone (nella foto), che è anche il presidente della giuria del Festival. Riceverà il premio dedicato ad Angelo D'Arrigo, il grande deltaplanista siciliano scomparso. Dopo il breve documentario “La ricetta della mamma”, sarà proiettato “Born on the Fourth of July” (Nato il 4 luglio), con Tom Cruise, in occasione del trentesimo anniversario di questo famosissimo film di Stone.

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