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'Ndrangheta nell’Alto Tirreno cosentino: il declino del "re del pesce" e l’inarrestabile ascesa di Scornaienchi

Le nuove leve si sono fatte largo usando la forza e senza chiedere il “permesso” come un tempo aveva fatto lui

Franco Muto

Il “re” non ha più il trono. L’ultraottantenne Franco Muto osserva dalla sua abitazione l’andirivieni di gazzelle dei carabinieri che, a sirene spiegate, attraversano il suo ex “regno”. Il superboss è in detenzione domiciliare per scontare una condanna definitiva a 20 anni per associazione mafiosa.
Nessuno all’alba ha bussato alla sua porta: è il segno del cambiamento dei tempi. Muto è un “pensionato” e il ruolo di sovrano di mamma’ndrangheta sul territorio l’ha assunto qualcun altro. Le nuove leve si sono fatte largo usando la forza e senza chiedere il “permesso” come un tempo aveva fatto lui.
Eppure il “re del pesce” ha tristemente caratterizzato la storia della criminalità organizzata nella Calabria settentrionale. Omicidi e estorsioni erano stati per anni letti dagli investigatori guardando al silenzioso boss.
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